Il governo giallo-verde ha un grande obiettivo: restaurare la famiglia-camera a gas, quella che, secondo l’antipsichiatra David Cooper, doveva morire già negli anni Settanta, quella che negli ultimi decenni, grazie a grandi movimenti di opinione e di lotta, in primis il movimento delle donne, si era arieggiata, almeno come concetto, includendo nella definizione identità diverse.
Al contempo, la violenza maschile sulle donne nell’ambito della relazione intima non è scomparsa, tutt’altro, ma, sempre di più, la si è definita come reato, e non come predominio del maschio sulla femmina, cui la femmina deve adeguarsi per il benessere della famiglia, della società e dello Stato. Il nastro della Storia sembra scivolare indietro di molti anni. E si vorrebbe tornare a prima delle leggi sull’aborto e sul divorzio, a prima della Riforma del Diritto di Famiglia, che introdusse il concetto di responsabilità genitoriale condivisa al posto della patria potestà. A prima ancora, al ventennio fascista, che disciplinava i cittadini e le cittadine attraverso l’imposizione di tre grandi aree concettuali: Dio, Patria e Famiglia. Nulla poteva essere deviante da quel monolitico dictat.

La famiglia del governo giallo-verde è tutta rattrappita in casa, dotata di armi per legittimamente uccidere eventuali ladri che volessero derubarla, e barricata contro gli immigrati cattivi che vogliono violare i corpi delle donne. E qui la propaganda diventa violazione dei diritti umani, e qui si vogliono chiudere i porti e, nel caso, gli aeroporti, a uomini, donne, bambine e bambini che fuggono da guerre, torture, violenze. E qui la rappresentazione dei corpi delle donne è ancora più arcaica, si ricollega alla nascita della famiglia, della proprietà privata e dello Stato (la citazione di Engels non è casuale), quando le donne divennero oggetti di compravendita nel mercato del matrimonio, e dovevano essere illibate per garantire agli uomini che le compravano la certezza della paternità, e dovevano essere protette nei conflitti continui tra tribù e, poi, tra popoli, perché il nemico ne avrebbe violati i corpi, possibilmente fecondandoli, per violare, attraverso loro, la purezza della razza e il corpo della Nazione. Le statistiche ci dimostrano tuttavia che il 90% delle violenze contro le donne non avviene nella sfera pubblica ma nella casa, e che ad agirle non sono migranti ma maschi alfa italiani, che si presentano bene e che sono ottimamente integrati nei contesti sociali. E qui si registrano altissimi picchi di consenso.

Nell’ambito casalingo, di conseguenza, la famiglia gialloverde è accudente, supplisce ai compiti dello Stato, che ha inventato un apposito Ministero «Per la Famiglia e le Disabilità». Si chiude la porta di casa, di ogni casa, e si gettano lontano le chiavi, con un calcio. Negli anni, le porte si erano aperte, le malattie invalidanti e le disabilità fisiche e psichiche erano state considerate qualcosa di cui la società tutta doveva farsi carico, attraverso un welfare «abilitante», come lo definì Zamagni.
La famiglia giallo verde non spezza le catene, non vuole e non può; se il ddl Pillon diventasse legge, separarsi sarebbe impossibile. Non solo per le donne che esperiscono violenza nella relazione di coppia, ma per tutte e tutti.

Per questo, sono visti di pessimo occhio i luoghi in cui si creano comunità basate sulla scelta comune di elaborare politica, produrre pensiero, praticare solidarietà: i luoghi liberati, che «loro» chiamano «occupati senza titolo», vanno chiusi. Di nuovo, e come nel regime fascista, lo Stato è padre, è controllo, è garanzia di aderenza ad un dover essere acriticamente assunto, che appiattisce differenze ed impone un modello monolitico. Lo si vede anche nel tanto sbandierato «reddito di cittadinanza»: non una forma di sostegno e promozione per liberare le persone dalla povertà sempre più incombente, non un diritto di tutti e tutti di vivere fuori dal bisogno, ma una «paghetta» concessa dal padre benevolo e severo, che controlla, dunque, le spese dei figlioli eternamente immaturi, con pene anche detentive. E allora il giudizio morale entra nella Politica con una pervasività del tutto inedita. La camera a gas evocata da David Cooper incombe su di noi.