Anche la fame è strumento di guerra, per far pendere dalla propria parte l’ago della bilancia della moralità bellica. Yarmouk, Madaya e ora Deir Ezzor: mentre si moltiplicano le città assediate e affamate dalla guerra civile, i due fronti – il pro e l’anti Assad – usano le sofferenze dei civili per mantenere salde le proprie posizioni.

Ieri le Nazioni Unite hanno denunciato la morte di 15-20 persone a Deir Ezzor, città siriana orientale a metà strada tra Raqqa e il confine con l’Iraq, sotto assedio dello Stato Islamico da un anno. Sarebbero 200mila i residenti ancora presenti, costretti a vivere in condizioni sempre più drammatiche: manca il cibo, l’acqua è disponibile solo per poche ore a settimane, l’elettricità è assente da dieci mesi.

Nelle stesse ore Medici Senza Frontiere annunciava la morte di cinque civili a Madaya, la città al confine con il Libano dove la scorsa settimana era stato raggiunto un accordo tra governo di Damasco e Onu per l’ingresso immediato di aiuti umanitari. Prima dell’accordo a morire di fame, a causa dell’assedio esterno del governo e interno dei gruppi di opposizione islamisti e moderati, erano stati 30 civili nel solo mese di dicembre. Ma si continua a morire perché gli aiuti non bastano, arrivano a singhiozzo.

Lontano, nelle stanze della diplomazia mondiale, le super potenze si rimpallano le responsabilità: venerdì il vice ambasciatore russo all’Onu Safronkov ha accusato i qaedisti di al-Nusra di usare i civili di Madaya come scudi umani, impedendo l’arrivo degli aiuti, la stessa accusa mossa da Damasco e dal movimento libanese di Hezbollah, presenti fuori dalla città.

Risponde l’ambasciatore francese alle Nazioni Unite Delattre: è il governo a non far passare gli aiuti nelle zone calde. Parole simili a quelle di Washington e Londra. La Russia ne approfitta e accusa l’Occidente di doppio standard per il silenzio su altri casi simili, «comunità come Nubul e Az-Zahra ad Aleppo, decine di migliaia di persone bloccate dai miliziani anti-Assad».

Così ci si prepara al negoziato, che dovrebbe partire il 25 gennaio, tra governo e opposizioni. Accuse reciproche che servono a posizionarsi al meglio al tavolo del dialogo mentre il numero dei civili sotto assedio in tutto il paese sale ancora: sarebbero quasi 400mila, secondo l’agenzia Onu Ocha, le persone intrappolate in 15 città siriane, soffocate da assedi diversi che impediscono l’arrivo di aiuti umanitari.