Le elezioni amministrative ci consegnano un processo in continuo ed accelerato mutamento : astensione, fluidità del voto, instabilità politica, destrutturazione dei partiti. Tutto ciò pone diversi interrogativi, soprattutto a chi come noi vuole costruire uno nuovo spazio a sinistra.

Intanto emerge una questione democratica che ha diversi aspetti: la crescita ulteriore dell’astensionismo in tute le città (a Torino cala del 17% la partecipazione al voto, a Napoli, il sindaco -che abbiamo sostenuto- viene eletto con il 23% degli elettori reali) e l’affermazione della Lega in una città come Bologna (la candidata leghista ottiene il 45% dei voti). In secondo luogo lo “sdoganamento” dei 5Stelle anche nell’elettorato tradizionale della sinistra che punisce il Pd votando i pentastellati (è l’arma più efficace e “utile” per colpire le politiche di Renzi) e non premia le forze di sinistra alternativa. In terzo luogo la gravissima difficoltà di costruire uno spazio politico a sinistra del Pd: manca al momento il profilo politico, la capacità di comunicare, la leadership. I tentativi appaiono incerti e contraddittori senza risolvere il nodo del rapporto con il Pd e quindi non si intercetta in questo modo né l’elettorato in uscita dal partito democratico né si erode l’astensionismo.

Il Pd di Renzi sic rebus stantibus, è irrecuperabile e irriformabile: chi pensa (aspettando i Godot della sinistra interna: magari si muovessero!) a delle alleanze (soprattutto in chiave nazionale) è miope e condannato ad atroci delusioni. Zedda a Cagliari è l’ultimo fiore di una stagione esaurita e non il germoglio di qualcosa che nasce. Sala a Milano si salva con i voti contro il ritorno di Berlusconi, ma non rilancia certo il centro-sinistra.
I 5Stelle si stanno trasformando. Non sono una forza di sinistra, ma a livello locale -e anche a livello nazionale- fanno molte scelte che faremmo anche noi. E a Roma e Torino mettono in giunta persone come Paolo Berdini (Urbanistica) e Luca Bergamo (Cultura) o Guido Montanari (Urbanistica) e Marco Giusta (Pari Opportunità) che avremmo potuto scegliere anche noi. La cosiddetta “politiche delle alleanze” (che loro non vogliono, ma che può essere praticata in tanti modi) investe, per quanto ci riguarda, anche il Movimento 5Stelle.

A sinistra (del Pd) si balbetta e si incespica. De Magistris si candida a leader di un movimento populista di sinistra: ma fuori da Napoli e dal Mezzogiorno quali chance ha? La formazione di Sinistra Italiana è non più rinviabile, qualunque ritardo sarebbe irresponsabile. Ma contemporaneamente va detto che non basta: sicuramente si tratta di un importante e generoso passo in avanti oltre Sel. In generale non basta il ritorno a qualunque delle nuove e vecchie “piccole patrie” o l’illusione dell’autosufficienza di partito che calamiterebbe anche i frammenti sparsi della sinistra dispersa: che forse chissà alla fine arriveranno.

Bene dunque la nascita di Sinistra Italiana e bene anche tutti i contributi alla semplificazione del campo della sinistra. Le sfide che abbiamo davanti sono enormi: il tema del lavoro e della sofferenza sociale, il deficit democratico e il prossimo appuntamento del referendum, la gestione del fenomeno delle migrazioni, il rischio della guerra nel Mediterraneo, mai allontanato. Serve una sinistra, senza aggettivi.

Ma per ottenere questo obiettivo serve anche una cultura politica diversa (ci sembra troppo semplice ridurre tutto al rapporto alto-basso, alla freschezza della proposta, alla necessità di un populismo di segno nuovo) che sia segnata da due aspetti fondamentali: l’unità (che non è un’esigenza del ceto politico, ma la bussola della storia della sinistra e del movimento operaio) e la costruzione della sinistra come uno spazio aperto e plurale, capace di connettere e contaminare sia i nuovi che i tradizionali insediamenti sociali, non affidandosi al unica possibilità del voto d’opinione.

Uno spazio unitario, dove possano convivere culture e pratiche diverse (da quelle sociali a quelle di partito, da quelle di movimento alla cittadinanza attiva) che lavorano per lo stesso obiettivo, capace di connettere e contaminare sia i nuovi che i tradizionali insediamenti sociali non affidandosi : quello della trasformazione politica e sociale e dell’alternativa alle politiche neoliberiste.

Se ci si pensa questo percorso si ritrova in parte in esperienze come quelle di Podemos in Spagna di Syriza in Grecia e addirittura del Frente Amplio in Uruguay o nelle ipotesi di fronte popolare di cui si discute ora in Francia.

E’ questo anche il senso dell’incontro che si terrà il prossimo 2 luglio a Roma promosso dalle Belle Bandiere e dal Centro Riforma dello Stato: una sinistra di tutti e non confinata all’esistente.

In un articolo di qualche mese fa su questo giornale l’avevamo chiamato il Fronte Pop: uno spazio ampio di soggettività e pratiche diverse per il cambiamento e l’uscita da questa crisi. A sinistr@.

  • Parlamentari di Sinistra italiana