Il suo nome scientifico è Drosophila melanogaster, che significa «amante della rugiada». Ma non è la rugiada ad attrarlo, ma i lieviti in fermentazione presenti nella frutta. Per questo è universalmente noto come il «moscerino della frutta». La ricerca biologica deve essere riconoscente a questo moscerino che ha aperto la strada alla genetica moderna. Tutte le conoscenze che abbiamo su cromosomi e geni, sulla struttura del Dna e sulle sue funzioni, sono state acquisite partendo da Drosophila. Non c’è settore della biologia e della genetica che non abbia visto il coinvolgimento di questo moscerino. Sono più di cento anni che lo studiamo, ma ancora adesso un migliaio di scienziati è impegnato in tutto il mondo in attività di ricerca che hanno come riferimento questo piccolo insetto di 3 mm. Viene considerato un «organismo modello» perché le conoscenze che vengono acquisite su di esso ci forniscono indicazioni fondamentali per comprendere le caratteristiche degli altri organismi viventi. Un insetto facile da studiare perché ha solamente quattro paia di cromosomi, ha un ciclo vitale breve (15 giorni) con la possibilità di ottenere più generazioni in poco tempo. Queste caratteristiche favorevoli, unite alla tenacia di numerosi scienziati, hanno consentito di conoscere la struttura dei cromosomi e il misterioso mondo dei geni, i meccanismi che determinano l’ereditarietà dei caratteri.

Il primo a dedicarsi a Drosophila in modo sistematico è l’entomologo americano T. H. Morgan che a partire dal 1910 alleva e incrocia questo organismo nel suo laboratorio, che chiama la «stanza dei moscerini». Morgan analizza il corredo cromosomico del moscerino, ma vuole capire dove si trovano i geni che controllano i diversi caratteri. Il primo carattere che viene preso in esame è il colore degli occhi. I moscerini della frutta hanno occhi rossi, ma nelle generazioni successive compaiono anche individui con gli occhi bianchi. Morgan osserva che tale carattere si manifesta in modo diverso nei maschi rispetto alle femmine. Comprende, allora, che il gene che determina il colore degli occhi si trova sul cromosoma sessuale X e che la comparsa di alcuni caratteri dipendono dal sesso. Questo consentirà, negli anni successivi, di studiare le malattie genetiche presenti nella specie umana e che sono controllate dai cromosomi sessuali: emofilia (difficoltà di coagulazione del sangue), daltonismo (difficoltà di distinguere i colori), distrofia muscolare (atrofia dei muscoli).

Nel 1933 viene assegnato a Morgan il Nobel per la medicina per avere scoperto che i geni sono posti sui cromosomi e che essi controllano la trasmissione dei caratteri ereditari. Le ricerche su Drosophila sono andate avanti e si sono concentrate sulle mutazioni che stanno alla base della comparsa di nuovi caratteri all’interno di una specie. Nel moscerino queste mutazioni incidono sullo sviluppo delle larve, sulla struttura del torace e dell’addome, sulla comparsa di ali sovrannumerarie, sulla comparsa di un arto al posto di un’ala o di una antenna. Oggi sappiamo che le mutazioni hanno svolto un ruolo importante nell’evoluzione degli organismi viventi, aumentando la variabilità genetica di ogni specie. La biologa tedesca Christiane Nusslein-Volhard approfondisce lo studio dei geni mutanti di Drosophila, arrivando a comprendere i processi che stanno alla base del controllo genico durante lo sviluppo embrionale. Ciò le varrà nel 1995 il Nobel per la medicina e la fisiologia. Durante la consegna del premio essa dichiara: «Questo organismo è stato estremamente collaborativo nelle nostre mani e ci ha rivelato molti dei suoi segreti, che sono anche i nostri segreti». In un suo libro, in cui parla dell’attività svolta nel campo della ricerca, afferma: «Ho adorato lavorare con le Drosophile, perché mi hanno seguito in giro per i miei sogni». La mappa cromosomica del moscerino è stata completata nel 1998 con l’individuazione dei 13.768 geni che la compongono. Ma il curriculum di questo insetto si arricchisce sempre di più. Ricercatori della Rockefeller University hanno studiato i meccanismi che sono alla base del suo orientamento e analizzato le strutture nervose che agiscono come un «navigatore». Si è arrivati a comprendere come vengono recepite e integrate le diverse informazioni che poi danno luogo a comportamenti complessi come l’orientamento. Molti animali hanno sistemi di navigazione interni (insetti, uccelli) e il moscerino ha rivelato come funzionano.
Drosophila è stata presa in considerazione anche per studiare i meccanismi dell’invecchiamento, la durata della vita in base al tipo di alimentazione, il sistema immunitario, il cancro, le malattie degenerative come il Parkinson e l’Alzheimer, gli effetti delle droghe. Anche nei laboratori dell’Istituto italiano di tecnologia, con sede a Genova, si fanno i conti col moscerino della frutta. Viene studiata la biocompatibilità delle sostanze osservando le mutazioni che compaiono nel suo Dna quando assume alcune molecole. Vengono così valutati i rischi che si possono correre dall’uso di sostanze chimiche presenti negli alimenti, cosmetici, detergenti, dentifrici. Non sono mancati gli studi sui comportamenti sessuali del moscerino. Essi sono geneticamente programmati e il maschio e la femmina non hanno bisogno di «esperienze precedenti» per accoppiarsi. I segnali visivi, uditivi e olfattivi determinano lo sviluppo dell’interesse necessario a portare all’accoppiamento. Mutazioni che vanno a incidere sul comportamento sessuale dei moscerini hanno destato grande interesse nei ricercatori perché, ad esempio, immettendo maschi sterili in una popolazione di Drosophila si riduce l’elevata capacità riproduttiva della specie.

Dunque, il moscerino della frutta ha dato e continua a dare un formidabile contributo alla ricerca nel campo biologico. Gli dobbiamo un po’ di riconoscenza. Ma è un moscerino e la sua vita dipende dalla frutta. Mettiamolo in condizione di non nuocere, adottando tutte le strategie di difesa necessarie a impedirgli di produrre danni, ma non si pretenda di sterminarlo bombardandolo di pesticidi che si rivelano dannosi per la nostra salute.