Atteso dal 1994, l’anno in cui uscì per Super Nes, è arrivato per la prima volta in Europa il leggendario Eartbound, scaricabile sull’e-shop del Nintendo Wii U.
Se molti giochi di ruolo giapponesi ci trasportano in lontanissimi universi fantasy, questo capolavoro imprescindibile, creato dal genio di Shigesato Itoi, si svolge invece in un mondo molto simile al nostro, un Pianeta Terra solo vagamente fittizio in cui si colgono così tanti elementi della nostra realtà che chi vi vaga finisce per considerarlo un luogo familiare come una vicina dimensione parallela.
Un così potente sentimento di vicinanza non si deve solo alla perizia letteraria con cui è sceneggiato Earthbound o alla grafica con cui è disegnato, che nemmeno oggi appare arcaica, ma al citazionismo sfrenato che esplode dalla sua trama che rimanda ai Beatles e a Dalì, a Ultimatum alla Terra e ai Viaggi di Gulliver, a Magnum P.I. e a David Bowie.
Iniziamo a giocare nelle quasi adolescenziali vesti del tredicenne Ness, svegliato da una meteora che gli piomba fuori casa. Visitando il luogo dell’impatto il ragazzino conoscerà l’alieno a forma d’ape chiamato Buzz Buzz, che gli rivela che lo spietato Giygas, un divoratore di universi, entro dieci anni giungerà distruttivo nel suo mondo. Solo Ness e gli altri giovani prescelti, che sarà suo compito scovare, potranno salvare il pianeta, cercando i frammenti di una melodia ancestrale in grado di distruggere la minaccia dallo spazio profondo. Armati di una mazza da baseball, con il mondo davanti a noi, iniziamo quindi un’epopea immensa che ci porterà ovunque e che resta sorprendente fino alla fine.

Il viaggio di Earthbound è uno dei più lunghi e appassionanti che un videogiocatore possa compiere, un’esperienza che può fare innamorare dei videogame anche chi li ha sempre considerati un vuoto passatempo o un esercizio agonistico contro l’intelligenza artificiale o i fantasmi semi-virtuali di avversari online.

Sono giochi come questi che hanno reso obsoleto il termine «videogioco», anche se nessuno ne ha ancora inventato uno migliore, perché Earthbound è un’opera così nuova e profonda da essere indefinibile e sfuggire a ogni vetusta categoria di appartenenza.
Tuttavia il divertimento che offre lo rende nello stesso tempo proprio un «videogioco» perfetto, inteso come puro meccanismo ludico.