Eftimios 22/41

Il chirurgo si diverte, si vanta, ma è solo un tecnico.

La natura del chirurgo è misurare, mirare, tastare, tagliare.

Il chirurgo di cui vi parlo si è salvato dalla mia ira solo perché denunciandolo avrei turbato i giorni di Alexandra e Nefeli, ed Eftimios nei suoi ultimi giorni. Chi starà frugando e tagliando ora? «C’è un tumore? Bene. Individuare, aprire, incidere, asportare, ecco. Semplice perché razionale, razionale perché tecnicamente solubile. Io sono un tecnico: risolvo problemi.» Tecnico: un essere umano che riduce i problemi della vita e della morte altrui a mezzi della propria esibizione professionale.

In una clinica affacciata su Viale Regina Elena a Roma, Eftimios restò ricoverato per diverse settimane. In una lunga doppia tripla sala, dentro la quale di giorno e di notte, col sole e con la pioggia, tutti i pazienti gridavano a turno e tutte le dottoresse verdi ticchettavano sugli zoccoli bianchi, Eftimios aspettava le analisi, le lastre, le visite mattutine, le flebo ad ogni ora.

«Affidatevi a me. So quello che faccio. Qui, vedete la lastra, qui c’è un’ombra, è questo. Bisogna operare. So quello che faccio.» Perché l’ho lasciato fare, non una ma due volte? La scienza. La fiducia nella scienza. Ma la scienza nelle mani degli scienziati desiderosi si curare l’altro è una mano santa, una mano diabolica è negli artigli dei tecnici vogliosi di esibirsi.

Per finirla presto, ché l’ira ancora non è tutta sfumata, il chirurgo di cui ti parlo legge, misura, calcola, affila, addormenta, apre, incide, non trova, strano, non trova l’ombra, richiude, cuce, riapre, reincide, non trova, strano, l’ombra c’era sulle lastre, non capisco, è la prima volta che mi capita… «La seconda.»«La seconda?» «Sì, la seconda.» «Ah… vi assicuro che… strano c’era l’ombra… strano non l’abbia trovata…» Sulla tempia di Eftimios, in alto a sinistra restò per qualche settimana, per qualche mese la doppia ferita, la doppia sacrilega cucitura. Poi niente.