Con il silenzio-assenso della comunità internazionale nella città sciita di Awamiya, nella regione orientale del Qatif, in Arabia saudita, si sta consumando un crimine di eccezionali proporzioni. Con il pretesto di combattere il “terrorismo” e la necessità di ristrutturare e abbellire la città, le autorità saudite stanno obbligando, armi in pugno, migliaia di famiglie ad abbandonare le loro abitazioni e a cercare salvezza in altri centri abitati. Le immagini apparse in rete in questi ultimi giorni mostrano Awamiya – in particolare il quartiere storico di al Masura – trasformata in un campo di battaglia. Edifici bruciati, altri crivellati di colpi di armi pesanti, interi rioni sventrati dai bullodozer. E’ il risultato della guerra lanciata contro gli attivisti della protesta sciita, mascherata dal piano per la “ricostruzione” della città. Condanne e appelli delle Nazioni Unite sono caduti nel vuoto e in questi ultimi giorni la situazione si è fatta drammatica nonostante il tono rassicurante usato dall’autore di un articolo su Awamiya pubblicato dal quotidiano al Hayat, vicino alla monarchia saudita. Tre quarti dei 40mila abitanti sarebbero stati costretti a partire.

A questo crimine si è aggiunta l’ennesima strage di civili in Yemen compiuta da cacciabombardieri sauditi. Nove persone, appartenenti alla stessa famiglia, sono state uccise in una abitazione a Safra, nella provinzia di Saada, colpita da una bomba. Un secondo attacco ha centrato un’automobile uccidendo altri tre civili. Due giorni fa Auke Lootsma, responsabile della sede yemenita dell’Undp (Onu), aveva denunciato che i sauditi stanno ostacolando l’arrivo a Sanaa, la capitale dello Yemen controllata dai ribelli sciiti Houti, del carburante per gli aerei delle Nazioni Unite essenziali per portare cibo e medicine ai civili, in un Paese dilaniato dalla guerra che ha fatto 10mila morti e ha costretto a sfollare circa tre milioni di abitanti. In Yemen inoltre si lotta per debellare il colera che ha già ucciso quasi duemila persone.

Adamiya viene devastata, giorno dopo giorno. Molte proprietà private, sulla base di confische esecutive firmate anche dall’agenzia nazionale antiterrorismo, sono passate a imprese, come la Albarahim, per la costruzione di quartieri residenziali e di un centro commerciale. Neppure il centro storico, vecchio di 400 anni, è stato risparmiato dalle ruspe e dagli spari delle forze militari e di polizia che si dicono impegnate a combattere i “terroristi”. Soltanto negli ultimi giorni sono morti cinque abitanti e due poliziotti. «Awamiya è importante per la storia e il patrimonio culturale dell’Arabia saudita e di tutta regione…le demolizioni in corso elimineranno questo patrimonio unico in modo irreversibile» ha denunciato Karima Bennoune, Rappresentante speciale delle Nazioni Unite nel campo dei diritti culturali. Il progetto presentato all’Onu dalle autorità non prevedeva la costruzione di edifici residenziali in luogo di quelli che sono stati distrutti. Da più parti ora si denuncia il tentativo di attirare nelle nuove abitazioni cittadini sunniti in modo da alterare la composizione demografica della città, ora popolata in gran parte da sciiti.

L’aggressione ad Awamiya si spiega con l’intenzione del governo centrale di punire la città dove è vissuto lo sceicco Nimr al Nimr, popolare leader dell’opposizione sciita nella regione, arrestato nel 2012 e decapidato nel gennaio 2016 assieme ad altre 46 persone. Esecuzioni che scatenarono sdegno e proteste tra gli sciiti di tutto il Golfo e che sfociarono nell’assalto all’ambasciata saudita a Tehran. La città dal 2011 è teatro delle sempre più frequenti manifestazioni di protesta e per il rilascio dei detenuti politici, organizzati dalla popolazione sciita. In Arabia saudita lo Sciimo è considerato dalle potenti gerarchie religiose wahhabite un «cancro nel cuore dell’Islam».