A Berlino, in parallelo con la kermesse sulla lotta alla disoccupazione giovanile dal profumo molto elettoralistico orchestrata da Angela Merkel (presenti una ventina di capi di stato e di governo europei e i ministri del lavoro), la centrale sindacale Dgb, con i sindacati francesi, ha organizzato una manifestazione, con una tavola rotonda a cui hanno partecipato molti giovani. Giovani che non hanno invece “diritto di parola” alla riunione di Berlino, ha sottolineato il Dgb. La riunione, del resto, è stata accaparrata da un altro problema: le relazioni Ue-Usa dopo le rivelazioni del datagate, occasione di nuova tensione franco-tedesca. La Francia propone una “sospensione temporanea” dell’avvio del negoziato sul libero scambio, previsto per l’8 luglio, “di almeno 15 giorni”, “per evitare ogni polemica e avere il tempo di ottenere le informazioni richieste” sullo spionaggio della Ue e dei paesi europei da parte della Nsa. Ma la Germania sostiene la Commissione, che vuole conservare la data dell’8 luglio.

Nel merito del summit, per Merkel, la conferenza “è il mezzo per cominciare a condividere con precisione le nostre esperienze concrete sulle misure che funzionano” per trovare una soluzione alla disoccupazione giovanile, “il problema più pressante”. Austria, Danimarca e Olanda sono state portate ad esempio, mentre “misure concrete” per l’insieme della Ue saranno presentate in autunno. Nel 2012, 966mila stranieri sono immigrati in Germania in cerca di lavoro. La disoccupazione giovanile è 22,8% nella media Ue, ma solo del 7,9% in Germania, mentre sale al 25,4% in Francia, addirittura al 55,2% in Spagna e al 57,9% in Grecia.

Un nuovo vertice potrebbe aver luogo a Parigi nel giro di pochi mesi. Su questo dramma c’è già stato l’incontro a fine maggio, sempre a Parigi, pomposamente battezzato New Deal for Europe, seguito dalle decisioni del Consiglio europeo del 27-28 giugno scorsi. Qui era stata definita la cifra di 6 miliardi di euro, da concentrare su due anni. 3,6 milioni potrebbero venire sbloccati in fretta dalla nuova flessibilità che è stata inserita nel bilancio europeo 2014-20, ieri approvato dal Parlamento europeo (474 voti a favore, 193 contrari, 42 astensioni), che permette di utilizzare i fondi non spesi destinati ad altri scopi. Questa flessibilità permetterà di aumentare il fondo per i giovani, da 6 a circa 8 milioni. Ma la cifra resta debole e i vari paesi in crisi si disputano la destinazione delle somme. L’Spd ha chiesto un impegno di 20 miliardi. La Spagna ha approvato. Ma da dove verranno questi soldi, visto che il bilancio Ue è in ribasso per la prima volta della sua storia, a 960 miliardi, cioè appena l’1% del pil Ue? L’ampliamento dell’investimento per i giovani potrebbe venire non solo dallo stanziamento dei fondi non spesi ma anche dalla destinazione dei proventi della tassa sulle transazioni finanziarie (Ttf), in linea di principio approvata anch’essa ieri dal Parlamento europeo. La Ttf riguarderà pero’, se mai entrerà in vigore, soltanto 11 paesi (Austria, Belgio, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna).

Merkel, a meno di due mesi dalle legislative, cerca di migliorare l’immagine della Germania, accusata di imporre l’austerità nella Ue. Ma, nel fondo, resta sulle sue posizioni: la disoccupazione si combatte con le “riforme strutturali”, sul modello di quelle imposte dall’ex cancelliere Gerhard Schröder. Di qui l’ambiguità dell’interpretazione di Enrico Letta sull’ipotesi della Commissione di consentire “deviazioni temporanee dal raggiungimento dell’obiettivo di medio termine” di rientro dei deficit. L’Italia spera di poter allargare i condoni della borsa sulle spese “produttive”, cofinanziate da Bruxelles per le infrastrutture. Ma la Commissione ha precisato che i tempi più lunghi per rientrare nel parametro del 3% del deficit (due anni già concessi a Francia e Spagna) non significano l’abbandono del risanamento. Per il gruppo S&D si tratta di “un piccolo passo avanti, anche se con condizioni cosi’ restrittive da minarne severamente l’impatto pratico”. Se ci fosse bisogno di una prova che la Commissione resta ferma sul diktat tedesco dei “compiti a casa”, è arrivato ieri un richiamo all’ordine del Portogallo. Dopo il ministro delle finanze si è dimesso anche il responsabile degli esteri. Ma per Bruxelles, Lisbona, che è sotto tutela dal maggio 2011 in cambio di un aiuto internazionale di 78 miliardi di euro, deve “mantenere il ritmo delle riforme”, malgrado una disoccupazione che supera il 18%. L’austerità ha avuto ripercussioni anche nel governo francese: ieri, è stato nominato Philippe Martin (Ps) a ministro dell’ambiente, in sostituzione di Delphine Batho, che la vigilia aveva osato protestare pubblicamente contro i tagli al suo ministero.