La proposta di direttiva europea sul copyright, di cui si è parlato ancora nei giorni scorsi sul manifesto, pare ormai destinata a non concludere il suo iter decisionale prima della ormai prossima fine della legislatura. Infatti, la prevista riunione di lunedì 21 del cosiddetto «trilogo», vale a dire l’organismo che raccoglie la presidenza di turno, consiglio, commissione e parlamento, è saltata.

Era probabilmente l’ultima opportunità. Rinviata, forse, ma chissà. Che è successo? Malgrado gli sforzi indubbi volti a trovare la formula magica, la presidenza rumena non ha ottenuto il mandato necessario per tentare di chiudere il negoziato. Sarebbe stata una bella carta da visita per la Romania.

Nella sede istruttoria dei rappresentanti permanenti a Bruxelles dei vari governi (Coreper) le delegazioni di Francia e Germania si sono «bloccate» vicendevolmente, compromettendo la procedura del «trilogo». La stesura di mediazione dell’articolo 11 inerente all’utilizzo dei lanci (o dei brevissimi sunti) delle notizie pubblicate dalle testate giornalistiche da parte della rete sembrava essere definita, ma quella dell’articolo 13 si è ancora una volta inceppata.

Il testo citato intende stabilire le modalità di controllo delle infrazioni da parte delle piattaforme Internet e da tempo, malgrado i parziali miglioramenti della scrittura, è stato sottolineato il rischio che nei meandri dei commi si annidasse qualche censura preventiva. Sono in gioco interessi assai rilevanti, in quanto la varietà delle piattaforme diffusive numeriche ha reso fortissimo il desiderio di sovvertire le logiche classiche della proprietà intellettuale.

Con le paginate pubblicitarie con cui ha inondato i quotidiani nei giorni passati Google aveva mandato messaggi di disponibilità. Ma il popolo della rete, con le sue istanze libertarie avverse a qualsiasi regola impositiva, è un fertile territorio elettorale e si è fatto sentire. Chi se lo vuole inimicare in una stagione in cui i movimenti che attraversano l’Europa hanno spesso messo in causa pure il copyright?

Se si bloccasse il percorso normativo ne pagherebbero le conseguenze i mondi dell’editoria, del cinema, dell’audiovisivo, travolti e spiazzati da uno scontro che riguarda la natura del capitalismo cognitivo immerso nelle lingue digitali. Si tratta di una lotta per l’egemonia, che un po’ irresponsabilmente si è cercato di risolvere e portare a sintesi in un articolo. E un fragile e contraddittorio articolato non poteva reggere un edificio così pesante. Serviva, servirebbe un vero dibattito pubblico con il coinvolgimento attivo dei vari soggetti interessati. Tant’è.

Eravamo ai titoli di coda. Ora siamo nei pressi del the end. Ma senza lieto fine.