Si è concesso una pausa dal video e non ha partecipato alla serata di giovedì, ma Fiorello non ha resistito ed è piombato in sala stampa durante la consegna del premio Ami ai torinesi Eugenio Val di Gioia, trofeo di consolazione per la band cassata subito nella sfida giovani. Due battute con la band, un’imitazione del direttore di rete Stefano Coletta, una citazione di Presley, una ripresa dell’inedito sanremese presentato martedì, ed è fuggito via. Sanremo, macchina infernale dalla durata monstre (cinque ore di implacabile diretta) fagocita ascolti: anche la seconda serata ha segnato un record come miglior ascolto dal 1995 per share, avendo ottenuto il 53.5% e una media di 9.693.000 telespettatori.

GONGOLA Amadeus – e qualcuno già lo candida per un’edizione bis nel 2021. Lui frena e lancia l’assist al sodale: «Quando ho detto che avrei dato le chiavi dell’Ariston a Fiorello, intendevo proprio questo. Lui ha completa libertà di fare quello che vuole. Illumina il festival. Ed è una grande gioia averlo qui con me: è il fratello che mi fa stare tranquillo». Non piace il format tritacarne immaginato per i giovani: la sfida doppia e l’eliminazione in diretta che non garantirebbe grande visibilità, né la scelta per le prime due serate di una giuria demoscopica: «Non è vero – ribatte Amadeus – i giovani hanno grande visibilità. Non era una passerella, era una sfida e per questo abbiamo deciso di realizzare dei duelli. E non è vero che l’eliminazione significhi che la carriera di un artista sia finita». Sanremo dei rapper, del twerking latino di Elettra Lamborghini, e dei ritorni, come quello della zanzara Rita Pavone. La cantante torinese, classe 1945, nei primi anni sessanta un vero terremoto musicale e televisivo che ha attraversato l’Italia «povera ma bella» del dopo festival e l’ha accompagnata nel boom economico. Mina, Celentano, certo, ma l’arrivo di questo peperino torinese piccola di statura, non bellissima come si definisce nell’autobiografia Nel mio piccolo (1997), suppliva alla cosiddetta mancanza di physique du role con una grinta e una voce che non poteva lasciare indifferenti. La si amava o la si detestava.

«QUI – spiega la cantante che all’Ariston interpreta Niente (Resilienza 74) scritta dal figlio Giorgio Merk (ieri nella serata delle cover portava 1950 con l’autore, Amedeo Minghi) – ho voluto tornare per provare a rimettermi in gioco. Sanremo è un palco che nessun altro teatro può dare anche per me che in passato mi sono esibita alla Carnegie Hall, dove hanno cantato Frank Sinatra, Judy Garland». Qualcuno le ricorda i suoi improvvidi tweet. «C’è un errore di base: io sono una persona liberale. Non ho mai bussato alle porte di un politico in 58 anni di carriera». Si accalora poi sulle accuse di sovranismo per certe condivisioni social con Salvini. «Ho avuto la fortuna di incontrare persone che si sono innamorate di me. Enzo Trapani, Lina Wertmuller, Nino Rota: i più grandi mi hanno dato chance. Ma io non ho mai chiamato nessuno e non devo dire grazie a nessuno».

AL FESTIVAL – non in gara – anche Ornella Vanoni che ha accompagnato Alberto Urso ieri nella versione de La voce del silenzio – Tony Del Monaco la portò nella doppia versione con Dionne Warwick nel 1968. «Alberto mi è piaciuto da subito – dice – ma deve essere più moderno. Deve saper cantare bene e avere un animo rock». «Per me è una vittoria averla stasera con me – aggiunge Alberto Urso, al festival con il brano Il sole ad est – Ha fatto la storia della musica italiana». Sul successo del bel canto all’estero, a volte più che in Italia, l’ex cantante della mala non ha dubbi: «Questo tipo di canto ha più successo all’estero perché noi siamo abituati al belcanto, nel resto del mondo ne rimangono affascinati». Non solo la canzone nella lunga carriera dell’artista milanese: da Strehler, al cinema, agli show tv. Non ha dubbi: «Oggi un cantante deve fare un corso teatrale per imparare la gestualità, che è importante». Ritornando su una decisione presa con l’ultimo album Meticci, sette anni fa, di non incidere più dischi, rivela di stare lavorando a un disco in uscita a settembre. «Sarà tutta musica, senza duetti – ma molti nomi noti tra gli autori. Vecchioni, Marracash, Pacifico, Gianna Nannini». I brani sono scritti da loro ma «molti input li ho dati io», precisa Ornella.

E INTANTO sul palco si parla di nuovo di violenza contro le donne, e proprio Gianna Nannini insieme a Alessandra Amoroso, Giorgia, Fiorella Mannoia, Laura Pausini, Elisa ed Emma è la testimonial per un grande concerto lanciato da Amadeusun, il prossimo 19 settembre all’Arena Campovolo a Reggio Emilia, per raccogliere fondi in sostegno ai centri antiviolenza. « «Ci siamo schierate ancora una volta perché non ne possiamo più – dice Nannini – Basta con le donne vittime».