Gli iraniani stanno affrontando la quinta ondata di pandemia, con numerose nuove infezioni causate dalla variante Delta. Con 202.607 casi di Covid-19 registrati in una settimana (+ 27%), l’Iran è ancora al primo posto in Medio Oriente.

Una percentuale minima della popolazione iraniana – meno del 5% – ha ricevuto la doppia dose del vaccino e sono in tanti ad andare nella vicina Armenia per farsi vaccinare.

Eppure, le autorità della Repubblica islamica hanno mandato 1,2 milioni di dosi di vaccino ai membri dell’Hezbollah libanese e alle loro famiglie. Secondo il sito IranWire, i vaccini made in Iran sarebbero arrivati in Libano un mese fa.

Un’operazione inizialmente limitata, gradualmente estesa: la diplomazia dei vaccini serve a rafforzare vecchie alleanze. La notizia indispettisce gli iraniani, già contrariati dalla siccità nel Khuzestan e dalla repressione di regime nei confronti di chi osa protestare.

Gli iraniani usano un vaccino prodotto localmente, chiamato Coviran-Barekat. L’Organizzazione mondiale della Sanità non lo ha ancora approvato, non vi sono dati o informazioni sulla sua efficacia, né tanto meno sappiamo su quante persone sia stato testato e nemmeno quali siano i suoi ingredienti.

È stato sviluppato dalla società farmaceutica Shifa, una sussidiaria di Setad, ovvero dei quartieri generali di una conglomerata di enormi dimensioni che fa capo al Leader supremo Ali Khamenei (e a suo figlio Mojtaba). A inizio gennaio 2021 l’Ayatollah Khamenei aveva scritto su Twitter: «L’importazione di vaccini prodotti negli Stati uniti e in Gran Bretagna è vietato».

E aveva aggiunto che «non ci possiamo fidare, questi paesi potrebbero cercare di diffondere il Covid-19 altrove». Ai manager di Twitter il post del capo di Stato della Repubblica islamica non era però piaciuto: era stato rimosso perché violava le regole sulla disinformazione.

Il 29 marzo, in un contesto di emergenza, le autorità sanitarie di Teheran hanno autorizzato l’uso del vaccino Coviran-Barekat. Ora, il caso dei vaccini made in Iran sottratti al sistema sanitario per essere mandati agli Hezbollah libanesi causa un putiferio in Iran e il viceministro della Sanità iraniano Iraj Harirchi si è scusato per i ritardi nelle vaccinazioni.

La società farmaceutica Shifa ha inizialmente dichiarato che le fiale erano di uno «standard inferiore», mentre i vertici di Setad si sono affrettati a dire che le dosi erano andate «perdute». È stata una fonte del sito IranWire a rivelare che le dosi sarebbero state «donate» agli Hezbollah.

In sé, la donazione non dovrebbe stupire: Hassan Nasrallah, segretario generale di Hezbollah, ha più volte ribadito che «il nostro pane e la nostra acqua, le nostre armi e i nostri missili, vengono tutti dall’Iran». Perché la leadership di Teheran manda i vaccini a Beirut? Questa mossa rientra nella dottrina della profondità strategica del generale dei pasdaran Suleimani, ucciso da un drone statunitense nell’aeroporto di Baghdad il 3 gennaio 2020.

Si tratta di quella politica attiva in tutti i teatri confinanti e vicini – Iraq, Siria e Libano – con l’obiettivo di estendere gli interessi del paese oltre i propri confini territoriali e tessere buone relazioni con gli attori regionali in una fase storica in cui l’area e militarmente presidiata dagli Stati uniti; una dottrina utilizzata da ayatollah e pasdaran per sfuggire al senso di assedio percepito, giacché l’Iran è un’eccezione in Medio Oriente in quanto paese non arabo e, sebbene a maggioranza musulmana, nella declinazione sciita.