Dopo l’ottimo debutto nel 2008 con Frozen River, Courtney Hunt torna alla regia per dirigere il legal thriller, Una doppia verità, il cui titolo originale è The Whole Truth ossia «L’intera verità». Una differenza, quella dei titoli, quasi di natura filosofica, come se la «verità» in Italia, o quanto meno per i distributori che si sono assunti l’onere di mandare in sala questo film, sia qualcosa di frazionabile, duplicabile, controvertibile.

 
Naturalmente Una doppia verità non si occupa di Parmenide e dei presocratici. Narra, invece, seguendo le piste più classiche e battute del noir, di un caso molto semplice: un figlio che, per proteggere sua madre da continui abusi, ha ucciso il padre (Jim Belushi) con una pugnalata. Ancora Parmenide e, questa volta, il suo parricidio. Ma l’assassino non è Platone. È un ragazzo di nome Mike Lassiter che dopo l’arresto decide di non parlare nemmeno con l’avvocato Mike Ramsey (Keanu Reeves), mettendo il legale, amico intimo della madre (Renée Zellweger) di Mike, in una scomoda posizione, cioè nell’impossibilità di scegliere una linea difensiva.

 
La storia, soprattutto ciò che avviene durante il processo, è rielaborata dalla voce fuori campo di Richard che attraverso i suoi pensieri riflette sulle azioni di tutti i protagonisti.  Dunque, è già tutto accaduto, non solo il delitto ma anche gli eventuali depistaggi, la confessione, l’impegno dell’avvocato a difendere il cliente a tutti i costi. Dubbi morali e legali sono stati già rimossi. Manca solo il verdetto, che non è la verità, né intera, né doppia, ma solo l’incontro di scelte, interpretazioni e stati emotivi.