«Basta corruzione», migliaia di rumeni residenti all’estero si sono riversati per le strade di Bucarest, nonostante la calura agostana, per la grande protesta di ieri. «È una situazione inaccettabile, i nostri politici stanno facendo di tutto per non finire dietro le sbarre», spiega Teodora una manifestante che è rientrata nel proprio paese due anni fa nella la speranza di un cambiamento. Sono loro la “diaspora”, gli stessi cittadini che avevano costretto il Partito Social Democratico (Psd) all’inizio del 2017 a fare marcia indietro su un provvedimento che avrebbe limitato il raggio di azione della Direzione Nazionale Anti-Corruzione (Dna). Due anni prima i voti dei rumeni residenti all’estero erano stati decisivi nell’assegnare la presidenza del paese a Klaus Iohannis del Partito nazionale Liberale (Pnl) dopo aver sconfitto al ballottaggio Victor Ponta del Psd.

Erano almeno venticinquemila le persone presenti alle sette di sera in piazza Victoria, a pochi metri dall’omonimo palazzo sede del governo della prima ministra Viorica Dancila, espressione della maggioranza del Psd. Sul palazzo hanno proiettato la scritta: «Down Government». In tarda serata diverse centinaia di manifestanti sono scesi in piazza anche a Sibiu, Cluj-Napoca, Iasi, Timisoara e nelle altre città del paese. La polizia ha lanciato lacrimogeni e usato cannoni ad acqua contro la folla, nella capitale il bilancio della manifestazione è di alcune decine di feriti, ma tutti non gravi.

Dancila è ancora in vacanza ma tutti gli inquilini di Palazzo Victoria hanno buoni motivi per tremare: la diaspora insieme a molti concittadini che non hanno lasciato la Romania in cerca di un futuro migliore, chiede infatti elezioni anticipate.

Il nocciolo dell’elettorato del Psd è costituito dagli anziani di tutto il paese. È per questo che il governo ha annunciato un aumento sostanzioso delle pensioni entro il 2020. Un modo per ingraziarsi i genitori della diaspora che hanno visto i propri figli costretti a emigrare.

Sono due gli episodi che hanno esasperato i cittadini e fatto precipitare ancora di più la fiducia nella maggioranza. Il primo, il licenziamento di Laura Kovesi ex-capo della Dna e simbolo della lotta alla corruzione, la cui rimozione è stata annunciata il mese scorso da Iohannis. Una decisione clamorosa arrivata dopo un lungo scontro istituzionale con il Psd e confermata poi da una sentenza della Corte Costituzionale. Mentre un mese prima il numero uno del Psd Liviu Dragnea veniva condannato in via non definitiva a tre anni e mezzo di carcere con l’accusa di abuso d’ufficio per due false assunzioni nel distretto di Teleorman, nel sud del paese, feudo elettorale di Dragnea, da cui proviene anche Dancila. Nello stesso periodo la camera bassa del parlamento approvava in tempi record una legge per depenalizzare l’abuso d’ufficio che non è comunque servita a salvare Dragnea.

Dietro le proteste ci sono i cittadini comuni ma anche il Partito Democratico Liberale (Pdl) che punta a cavalcare l’onda dell’indignazione e a riprendersi il paese.

Ma al di là di ogni tentativo di strumentalizzare la piazza, molti dei manifestanti non si sentono rappresentati da nessuna forza politica. Alcuni invocano il ritorno di un governo tecnico come quello di Dacian Ciolos formato nel novembre 2015 in seguito alle dimissioni di Ponta dopo il devastante incendio scoppiato nel nightclub Colectiv a Bucarest. «Non possiamo fidarci di nessuno e la tecnocrazia resta l’unica soluzione, almeno fino a quando l’attuale classe dirigente non sarà stata spazzata via», spiega un attivista dell’associazione Coruptia ucide.