Che cosa sarebbe la vita dei maschi senza le sorelle, realmente avute o fortemente desiderate, immaginate? Il mondo non è per essi vivibile senza Ifigenia, Elettra, Antigone.
Il loro legame con la sorella è scosso dal violento sacrificio “propiziatorio” di cui lei è vittima mentre sta per fiorire: il rituale della sua esclusione dal diritto pieno di cittadinanza inizia con l’adolescenza. Ifigenia deve morire (non sbocciare mai fin in fondo sul piano erotico) perché nel contratto matrimoniale si affermi il potere del maschio: il possesso di Menelao (o di Paride) su Elena. Il sacrificio, che apre nel cuore della famiglia e della società un vuoto incolmabile, crea nel fratello un sentimento permanente di mancanza profonda. Questo sentimento nei confronti della sorella perduta, ispira nell’uomo l’ammirazione per la libertà interiore della donna qua ed è la fonte della sua ribellione contro il privilegio sociale che, incastrandolo nel sistema di potere patriarcale, lo priva del suo desiderio.

Oreste “matricida”, l’uomo non più figlio di madre, vaga sulla via del padre e si ritrova straniero in Tauride: il luogo in cui Ifigenia, la donna acerba, efebica può decidere se amarlo, fiorendo, o ucciderlo come oggetto di desiderio, diffidando di lui. L’oscura percezione del sentimento di mancanza della sorella in Oreste (il lutto vivente in lui per lei) consente a Ifigenia di riconoscere nell’estraneo l’oggetto di un desiderio fondato sulla parità e sulla reciprocità. Crea uno spazio di intimità, familiarità in cui la diffidenza diventa curiosità e l’ostilità lascia il posto all’intesa.
È l’orfanilità di sorella nell’uomo che nella società patriarcale rende possibile, nonostante tutto, l’incontro erotico e la libertà, fa respirare il nostro amore per la vita. Solo dove fratello e sorella si re-incontrano e si riconoscono reciprocamente, l’uomo e la donna possono amarsi veramente.

Oggetto di sacrificio, la sorella è anche soggetto di ribellione alla norma di cui contesta la mancanza di verità, il suo essere una costruzione mistificante estranea a un rapporto con la realtà che sa di intimità e nasce da uno sguardo sul mondo che viene dal “dentro” (desiderio, memoria, emozioni) dell’essere umano. Elettra e Antigone resistono senza cedimenti alle due grandi convenzioni che regolano, in silenziosa complementarietà, le relazioni umane in senso conformante, omologante: il diritto della madre di appropriarsi del destino dei figli; il diritto del più forte che impone alla società i principi che dirimono il conflitto di potere tra i maschi nella società patriarcale.

Spose di nessuno, Ifigenia, Elettra e Antigone sfuggono alle convenzioni del contratto matrimoniale, la forza che reprime il desiderio sulla quale si regge il patriarcato: il potere sulle emozioni dei figli alla madre, il potere della gestione dei bisogni al padre. Estranee al contratto diventano la sua contestazione irriducibile che apre la strada all’Eros. Vittima di una violenza che la inserisce snaturata nella società (Ifigenia), la sorella resta, nondimeno, intensa e profonda nella sua interiorità. Pur sapendo odiare senza ipocrisie (Elettra), sa di essere nata per amare (Antigone). Poiché non soggiace a nessuna clausola, ma solo al proprio senso di giustizia e verità, nel letto coniugale è presente solo se l’uomo si spoglia della sua prepotenza e convenzionalità.

Ogni uomo nel suo intimo sa che le più sensibili prospettive sulla vita (lo scrutare i suoi orizzonti che coglie i suoi profumi, sapori, suoni e colori), le più inattese e intense percezioni delle cose del mondo, le raggiunge con la “sorella”. Se gode di questa possibilità, sviluppa un senso di devozione nei suoi confronti che, orientando i suoi passi e gesti tutta la vita, gli consente di prendere cura di ogni cosa che ama, invece di ridurla in possesso.