I golpisti non si smentiscono mai. Prima ostentano il più assoluto disinteresse per il potere, affermando e riaffermando di non ambire ad alcuna candidatura. Poi, alla prima occasione, si lanciano armi e bagagli nella competizione elettorale, anche sgomitando tra loro.

IL PRIMO A RIMANGIARSI la parola è stato Luis Fernando Camacho, il leader del Comitato civico di Santa Cruz protagonista indiscusso del colpo di stato, diventato celebre per la sua promessa che la Bibbia sarebbe tornata al Palazzo di governo: si presenterà come candidato presidenziale in coppia con il leader civico di Potosí Marco Pumari, malgrado lo scandalo provocato dalla diffusione di un audio – forse diffuso proprio da Camacho – in cui Pumari, in cambio del suo sostegno, chiedeva 250mila dollari e il controllo di due uffici doganali. «Hanno voluto dividerci», hanno detto poi, malgrado avessero fatto tutto da soli.

Ma il vero colpo di scena è stato l’annuncio della candidatura dell’autoproclamata presidente ad interim Jeanine Áñez, indicata dall’alleanza Juntos di cui fanno parte anche ex alleati di Carlos Mesa, giunto secondo alle elezioni del 20 ottobre e pure lui candidato. La decisione era nell’aria, di fronte alle crescenti pressioni esercitate da esponenti del governo dietro lo slogan «E se fosse lei?», postato ripetutamente sulle reti sociali, benché accolto da reazioni non particolarmente entusiaste.

MA, IN OGNI CASO, una decisione clamorosa, avendo Áñez fondato la sua azione politica proprio sull’assicurazione di non voler restare al potere. Il suo, aveva detto e ridetto, sarebbe stato «un governo strettamente transitorio», finalizzato esclusivamente a garantire la pacificazione del paese – condotta attraverso due stragi, una crescente persecuzione dei dirigenti del Movimiento al Socialismo e l’imbavagliamento delle voci pro-Morales – e la realizzazione di nuove elezioni, naturalmente libere e democratiche, a cui lei non avrebbe partecipato.

E, invece, dopo aver assunto tutta una serie di misure decisamente estranee agli scopi di un governo «strettamente transitorio», a cominciare da un totale riallineamento lampo agli Stati uniti, l’autoproclamata presidente si è ora assicurata la possibilità di prendere parte alla competizione elettorale da una posizione di sicuro privilegiata. A convincerla, ha detto, è stata la dispersione del voto provocata dalla presentazione di varie candidature – tra cui non manca neppure quella di Tuto Quiroga, già vice del generale Hugo Banzer e poi presidente lui stesso -, senza spiegare però per quale motivo l’aggiunta della sua non dovrebbe condurre, nelle fila della destra, a una dispersione ancora maggiore.

SE LA CONFUSIONE È GRANDE tra le forze golpiste, all’interno del Mas si è almeno scongiurato il rischio che la contestatissima scelta delle candidature da parte di Evo Morales – l’ex ministro dell’economia Luis Arce come candidato alla presidenza e l’assai più amato ex ministro degli Esteri aymara David Choquehuanca come vice – portasse a una spaccatura nella base sociale del partito, la cui scelta era caduta proprio sul leader aymara, affiancato dal vicepresidente dei cocaleros Andrónico Rodríguez.

C’È VOLUTO TUTTO IL PRESTIGIO di Choquehuanca per convincere le arrabbiatissime basi ad accettare la decisione di Morales, accusato di aver calpestato il principio del «comandare obbedendo» e addirittura, secondo i più critici, di averlo fatto dopo averle abbandonate fuggendo in Argentina. «Pensate alla festa che farebbe la destra se ci dividessimo», ha spiegato il candidato aymara invitando a pensare al bene non del proprio settore ma della Bolivia e assicurando che i candidati a deputati e senatori non sarebbero stati imposti dall’alto. Mentre faceva lo stesso tra i cocaleros l’appena 29enne Andrónico Rodríguez, fedelissimo di Morales, la cui esclusione, nel caso di una vittoria del Mas, verrebbe sicuramente compensata da un incarico di prestigio: «Non possiamo metterci a litigare per le candidature facendo il gioco della destra».

«SAPEVO che mi hermano David non mi avrebbe abbandonato» ha twittato Evo Morales dall’Argentina, dicendosi sicuro del trionfo. Ma è chiaro che il suo, di prestigio, ha subito un colpo durissimo.