Il centrodestra ce la sta mettendo tutta per perdere a Verona, piazza storica della Lega: come viatico per le elezioni politiche non se ne può immaginare uno peggiore. Non si era mai vista una coalizione nazionale nella quale, alla vigilia del ballottaggio, volano gli stracci in maniera tanto sgangherata. Il candidato di Lega e FdI Sboarina, ex leghista passato ai tricolori e imposto da Meloni in persona, non cede e rifiuta l’apparentamento. Non bastano le insistenze di La Russa, Crosetto e, almeno secondo la versione ufficiale, della stessa Meloni. Il candidato riottoso sembra alludere a una realtà diversa: «Naturalmente ne ho parlato con Giorgia, poi ho preso la mia decisione. Non ho chiuso: ho detto no a un tecnicismo ma resto aperto a un accordo programmatico». Suona come: nessun accordo concreto ma gli elettori di centrodestra devono votarmi lo stesso.

Salvini sbotta: «Errore madornale». Tosi, ex leghista appena entrato in Fi e in pessimi rapporti anche personali con Sboarina, mette i puntini sulle i: «Accetteremo solo l’apparentamento. Altrimenti è come essere invitati a cena e mentre gli altri stanno a tavola tu resti nel guardaroba». Ce ne sarebbe abbastanza per parlare di disastro ma Giorgia Meloni, che come capo partito funziona ma come leader di una coalizione non sta neppure all’abc, rilancia e peggiora la situazione: «Siamo molto soddisfatti per l’accordo raggiunto ovunque. Anche dove l’apparentamento è stato rifiutato dai candidati, come a Catanzaro e Verona, l’accordo è stato comunque garantito». Tosi ribatte a muso durissimo: «Leggo con meraviglia la nota di Giorgia Meloni che allude a un accordo che non c’è proprio a causa delle scelte di Sboarina».

Alla tesi di FdI, secondo cui il mancato apparentamento a Verona controbilancerebbe quello negato da Donato, candidato di Lega, Fi, Udc e Iv a Catanzaro, i forzisti replicano sottolineando la differenza tra un candidato civico come a Catanzaro e uno di partito come a Verona. Gasparri spara a zero: «Forse sarà utile ricordare ai fautori, soltanto a parole, dell’unità del centrodestra che la differenza tra apparentamento o meno al secondo turno è sostanziale». Insomma, peggio di così non ci si potrebbe presentare a una prova che sarebbe stata comunque difficile, anche in condizioni ottimali, essendo il candidato della sinistra Tommasi considerato comunque favorito. È vero che, come ripetono tutti nella destra, c’è ancora una settimana e i giochi non sono del tutto chiusi. Ma ricucire in extremis appare molto improbabile e in ogni caso recuperare il danno prodotto da una rissa così sguaiata sarebbe difficile.

Nel fattaccio hanno pesato certamente i rancori personali. Sboarina aveva fatto capire di essere pronto ad apparentarsi con Fi, il partito che sostiene Tosi, ma non con il rivale in persona. A quel punto però Tosi ha fatto fallire la manovra iscrivendosi a Forza Italia. Ma i rapporti personali tra i due ex leghisti sono l’aspetto meno significativo della vicenda, che non è un caso isolato ma denuncia per l’ennesima volta il vero limite della destra, quello che rischia di portarla alla sconfitta nelle politiche dell’anno prossimo.

Sia la Lega che FdI hanno passato gli ultimi anni giocando in proprio, a favore del partito e mai della coalizione. Salvini, passata la fase di esaltazione per i sondaggi alle stelle, ha cambiato strada. Giorgia Meloni no e proprio l’insistenza imperiosa con cui ha imposto i suoi candidati comunque lo conferma. Proprio il caso di Verona potrebbe dimostrare quanto sia pericoloso anche per lei continuare su quella strada.