Nel flusso inarrestabile delle purghe tra le file dello spettacolo, della commedia e della musica (il fondatore di Daf Jam, Russell Simmons, che abbandona la direzione della sua compagnia per dedicarsi allo yoga) indotte dall’Harveygate, sono caduti anche alcuni importanti giornalisti.

Non solo direttori di riviste letterarie come Leon Wieseltier o Hamilton Fish, nemmeno reporter d’assalto come Mark Halperin o Glenn Trush (uno dei mastini che seguono la Casa bianca, messo momentaneamente in panchina dal New York Times), ma mezzibusti notissimi che, per anni, di sera in sera, o di mattina in mattina, sono stati il filtro tra noi e quello che succedeva nel mondo.

Matt Lauer, potente conduttore del Today Show e di parecchie olimpiadi, è stato scaricato nel giro di una notte (e subito è partito il replay della sua dura intervista a Hillary Clinton mentre trattava Trump con in guanti -perché l’elezione 2016 non è mai troppo lontana da quanto sta succedendo); il soave, colto e periodicamente alticcio, conduttore del talk show di tarda notte sulla PBS, Charlie Rose, non ha fatto storie ed era comunque maturo per la pensione.

Si è ribellato ancora di meno Garrison Keillor, il giornalista poeta a cui anche Altman aveva dedicato un film, Radio America, licenziato dalla Minnesota Public Radio, dopo essere stato accusato di un solo incidente.

«C’è una certa ironia poetica nell’essere buttato fuori causa una storia, dopo che io stesso ne ho raccontate così tante. Ma ho 75 anni e non ho nessuna intenzione di litigare su questo rischiando di danneggiare un’istituzione che amo e che mi ha dato molto, dal 1969 in poi», ha detto Keillor prima di sparire.

Come la PBS, per cui lavorava Rose, la Minnesota Public Radio, in quanto emittente pubblica, è storicamente nel mirino della destra – qualsiasi scusa è buona per cercare di farle chiudere.

E, se da questi abbandoni così docili traspare il desiderio di proteggere quelle realtà, tra le righe delle dichiarazioni di questi stagionati conduttori c’è anche un che di «io in questo mondo non ci voglio stare». A questo shift radicale tra i testimonial dell’establishment mediatico, corrispondono spostamenti piuttosto grandi anche dietro alle quinte.

Una settimana fa è stata la notizia del blocco al merger Time Warner/ATT effettuato forse per isolare CNN, rendendo così vulnerabile la rete creata da Ted Turner, e detestata da Trump, a un possibile acquisto esterno (c’è chi parla persino di Murdoch).

È di qualche giorno successivo la notizia che, dopo aver flirtato con l’ipotesi di vendere al gruppo del tabloid da supermercato National Enquirer (già considerato un potenziale acquirente del bisettimanale storico della controcultura Rolling Stone), controllato dal fervente trumpista David Pecker, Time Inc (editore di storiche riviste come Sports Illustrated, People e del leggendario settimanale Time) è passata invece nelle mani del gruppo editoriale Meredith (proprietari di Better Homes and Gardens, Family Circle and All Recipes).

L’acquisto della compagnia di Henry Luce, valutato intorno ai 3 miliardi di dollari, sarà portato a termine grazie a un’iniezione di capitale di 650 milioni da parte dei fratelli Charles G e Davi Koch, che da anni hanno messo il loro loro vasto patrimonio al servizio delle cause e dei candidati destra più reazionaria.

I portavoce dei Koch hanno dichiarato che la loro partecipazione all’acquisto di Time Inc è da intendersi come un semplice investimento e che i fratelli non influiranno sui contenuti delle riviste. Aspettiamo di vedere per credere.

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