A tre settimane dal primo turno delle elezioni amministrative (20 e 27 giugno), in tutte le 13 Regioni francesi e nel centinaio di dipartimenti – ultimo appuntamento elettorale prima del via definitivo alla corsa per le presidenziali del maggio 2022 – un nuovo episodio di estrema violenza contro un agente di polizia, accaduto venerdì, sta alimentando l’incendio che da tempo divampa sul fronte della sicurezza, terreno scelto dall’estrema destra, seguita a ruota dai Républicains (destra di governo) in crisi di candidature per l’Eliseo, per lo scontro finale con Emmanuel Macron.

Venerdì, a Chapelle-sur-Erdre, un piccolo comune a nord di Nantes, una poliziotta municipale è stata gravemente ferita (ma non è in pericolo di vita) con un coltello da un uomo uscito il 22 marzo scorso di prigione, segnalato come radicalizzato islamista e malato psichiatrico (l’uomo è stato ucciso nello scontro). Nelle ultime settimane, un poliziotto è stato ucciso a Avignone in un’operazione anti-droga, qualche giorno dopo l’assassinio di un’impiegata del commissariato di Rambouillet, per mano di un uomo armato di coltello.
Una sequenza tragica, che però non modifica le statistiche che dicono che non esiste un’emergenza sicurezza. Eppure il mondo politico e mediatico sta reagendo con estrema agitazione, come era successo nel 2002, all’epoca di Lionel Jospin (Ps) primo ministro, fermato al primo turno delle presidenziali dal frontista Jean-Marie Le Pen, accusato di aver parlato di «sentimento» di insicurezza più che di «realtà».

LE ELEZIONI REGIONALI non hanno nulla a che vedere con la sicurezza, le Regioni si occupano di trasporti, di edilizia scolastica, di questioni amministrative, che sembrano del resto interessare poco l’elettorato, ancora impantanato nel Covid, e le previsioni sono per una forte astensione. Ma le polemiche attuali annunciano il clima delle presidenziali.

L’ULTIMA SETTIMANA è stata un’illustrazione del clima deleterio che si sta installando in Francia, con un’agenda politica dettata dall’estrema destra e che rischia solo di andare a suo vantaggio. Mercoledì 19 maggio, c’è stata una manifestazione dei sindacati di polizia di fronte all’Assemblea nazionale a Parigi, non solo per ricordare i due poliziotti uccisi, ma anche per denunciare un supposto “lassismo” della giustizia. Mentre dei sindacati di polizia denunciavano la giustizia, chiedevano pene minime automatiche e aggravanti varie, il ministro degli Interni, Gérald Darmanin, si è fatto vedere alla manifestazione (contro il suo stesso governo, per fortuna il ridicolo non uccide).

Ma non solo: in piazza, a fianco dei poliziotti in guerra con i magistrati, c’era tutto lo spettro politico francese, anche la sinistra – dal candidato Verde in pectore Jannick Jadot, ai socialisti, Anne Hidalgo, sindaca di Parigi che sogna l’Eliseo e il segretario Ps Olivier Faure, oltre al segretario del Pcf, Fabiel Roussel, già candidato all’Eliseo per il 2022 – con la sola eccezione della France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, che ha sottolineato la vergogna di questo meeting.

C’È MALESSERE nella maggioranza della République en Marche e nel Ps. Il ministro della Giustizia, Eric Dupont-Moretti, che è anche intervenuto nella discussione in corso per la riforma della polizia («Beauveau della sicurezza», dal nome della sede del ministero degli Interni), ha ricordato che «la polizia senza la giustizia è il totalitarismo». Il Ps si è spaccato, Faure ha dovuto rimangiarsi una frase più che infelice sul «diritto di intervento della polizia» nelle decisioni giudiziarie, mentre la candidata della lista socialista alle regionali nell’Ile-de-France (la regione di Parigi), Audrey Pulvar, ha definito «agghiacciante» la manifestazione dei poliziotti con la partecipazione di tutto lo spettro politico. Il governo e l’Eliseo hanno rimesso al suo posto la mina vangante Darmanin, che aveva annunciato una «denuncia» di Pulvar, un’esibizione di muscoli poi ritirata e finita con un invito alla candidata del Ps a «discutere» (anche lei aveva minacciato una «contro denuncia»).

Sta di fatto che, al di là delle elezioni regionali, l’appuntamento delle presidenziali è per il momento preso nella spirale della “sicurezza” (aspettando le polemiche sui migranti), cioè il terreno prediletto dell’estrema destra, che sta dettando l’agenda.