Ancora una volta salvo. Sebastián Piñera, il presidente che verrà ricordato per le sistematiche e generalizzate violazioni dei diritti umani e, come se non bastasse, per le ricchezze occultate in paradisi fiscali e per i ripetuti conflitti di interesse, finirà regolarmente il suo mandato.

L’accusa costituzionale (o impeachment) presentata contro di lui dalle forze di opposizione in seguito allo scandalo dei Pandora Papers (la seconda durante la sua presidenza, dopo quella del novembre del 2019) non ha infatti superato lo scoglio del Senato. Un esito scontato – e infatti largamente previsto anche dall’opposizione -, essendo la Camera alta dominata dalle forze conservatrici.
Dopo il sì pronunciato dalla Camera dei deputati il 9 novembre, sarebbero stati necessari 29 voti per destituire il presidente, accusato di nascondere nel paradiso fiscale delle Isole Vergini britanniche le ricchezze provenienti dalla cessione della compagnia mineraria Dominga al suo amico di infanzia Carlos Alberto Delano e di favorire il progetto minerario di quest’ultimo a spese del paradiso naturale dell’arcipelago di Humboldt. «Come se i peruviani accettassero che una miniera possa distruggere il Machu Picchu», ha commentato il senatore dell’opposizione Guido Girardi.

IL QUORUM dei due terzi, tuttavia, non è stato raggiunto per nessuno dei due capi di imputazione: «aver infranto apertamente la Costituzione e le leggi» e «aver compromesso gravemente l’onore della nazione», a cui sono mancati rispettivamente 5 e 7 voti.
«Risulta incomprensibile che Piñera si salvi di nuovo», ha dichiarato, quando era ormai chiaro l’esito della votazione, la senatrice del Partido por la Democracia Loreto Carvajal. Mentre la candidata presidenziale per il Nuevo Pacto Social, la democristiana Yasna Provoste, si è detta convinta che la storia lo giudicherà come «il peggior presidente democratico degli ultimi 70 anni».
Di certo l’assoluzione dei senatori non potrà cancellare, a pochi giorni dalle presidenziali e dunque dalla sua – si spera definitiva – uscita di scena, la sua clamorosa sconfitta politica. E non sarà neppure necessario attendere il giudizio della Storia. L’oasi felice da lui descritta appena poco prima che si scatenasse il terremoto della rivolta sociale – l’evento politico più importante della storia del Cile degli ultimi decenni – si è rivelata sotto il suo governo per quello che è sempre stata: un incubo per la maggior parte della popolazione.

UN INCUBO verso cui il presidente ha mostrato sempre una sconcertante assenza di empatia, fino all’estremo, durante la pandemia, di violare il lockdown per recarsi in un’enoteca ad acquistare varie bottiglie di vino, appena poco dopo lo scandalo provocato dalla notizia di un ordine di acquisto da parte de La Moneda di prodotti gourmet come foie gras, patè di cinghiale e caviale. Una sorta di Versailles alla cilena che aveva richiamato scontati paragoni tra Piñera e Maria Antonietta, con tanto di auguri al primo di fare la fine della seconda.