Lo spettro della deflazione ha fatto muovere Mario Draghi. La Bce, a sorpresa, ha abbassato ieri il tasso di interesse di riferimento, portandolo al minimo storico: 0,25%. Era 0,50% (il tasso marginale è ora allo 0,75%). Ma, per il momento, la Bce rifiuta di prendere l’unica decisione che potrebbe salvare l’economia europea, che affonda nella crisi che da finanziaria è diventata economica e ora è sociale: comprare direttamente debito pubblico dai paesi in difficoltà.

E’ il quarto taglio dei tassi da quando Draghi è alla testa della Bce, l’ultimo intervento risale al maggio scorso. L’euro ha subito reagito, con un cambio al ribasso sul dollaro, da 1,38 a 1,33, il più basso da un mese e mezzo. Secondo Draghi, siamo di fronte a tassi bassi per un periodo “prolungato”. Malgrado il freno tedesco. La Germania avrebbe voluto ancora attendere. Ma l’euro troppo forte penalizza l’export e la ripresa nei paesi deboli, oggettivamente fa crescere il peso del debito pubblico aumentando il costo del finanziamento degli stati: se non ci fosse stato un intervento al ribasso, l’Italia avrebbe dovuto destinare 7 punti di Pil per stabilizzare il livello di debito pubblico (la Grecia 26 punti). Un assurdo. Ma la Germania, che ha i conti in ordine e una popolazione che invecchia, teme al contrario un calo dei rendimenti dei fondi pensione e ha paura del rialzo in corso dei prezzi dell’immobiliare. L’associazione delle banche tedesche ha difatti subito gettato acqua fredda sulla decisione della Bce, affermando che “avrà poco effetto sull’economia” (non a torto: gli effetti si faranno sentire tra 6-9 mesi, sperando che non sia troppo tardi). La mancanza di politica economica e fiscale comune mostra ancora una volta tutti i suoi inconvenienti, che per alcuni paesi, i più deboli, si stanno trasformando in un dramma sociale e, in prospettiva, soprattutto politico, con la crescita dell’estremismo di destra. In Francia, i sondaggi danno il Fronte nazionale primo partito alle prossime europee, le rivolte anti-fisco dilagano, a cominciare dalla Bretagna. Va ricordato che la Germania porto’ il nazismo al potere non per l’inflazione di Weimar, ma per gli effetti della deflazione.

I tedeschi avrebbero preferito aspettare ancora, anche se Draghi ha rivelato che al board della Bce la decisione del taglio dei tassi ha trovato “tutti d’accordo”. Le Borse europee hanno immediatamente reagito in termini positivi, al rialzo, salvo poi farsi prendere dal dubbio sull’efficacia della manovra e ricadere. Lo spread è calato: i tassi italiani a 10 anni dal 4,2% al 4, le obbligazioni spagnole dal 4,1% al 4, il Portogallo ha reagito meno, dal 5,891 al 5,870%.

Nell’estate del 2012, Draghi aveva promesso che avrebbe “fatto tutto il necessario” per evitare problemi all’eurozona. Oggi l’emergenza è sotto gli occhi di tutti. In Francia, quinta potenza economica mondiale, ci sono stati più di un migliaio di piani di licenziamento di massa in un anno e, malgrado le promesse di Hollande, altri 50mila posti di lavoro sono minacciati. I dati sulla povertà sono spaventosi: il Secours catholique, nel rapporto che ha diffuso ieri, nel 2012 è venuto in aiuto di 1,43 milioni di persone, la metà bambini, obbligati a rivolgersi al dispensario anche solo per mangiare.

Draghi si è mosso di fronte al crollo dell’inflazione, caduta allo 0,7% ad ottobre, percentuale molto lontana dal 2% dei parametri di Maastricht. Il rialzo dei prezzi era ancora dell’1,1% a settembre e del 2,5% un anno fa. L’euro forte, certo, fa calare il prezzo dell’import, in Europa in particolare quello dell’energia. Ma cosa significa un’inflazione ridotta al lumicino in Spagna (0,5%), in Portogallo (0,3%), o addirittura a zero in Irlanda?

La deflazione fa paura. In Grecia i prezzi sono già in calo dell’1%. I salari sono in caduta libera in molti paesi europei, le misure di austerità paralizzano l’attività. I prezzi calano, sembra una buona notizia. Ma solo a breve. Nel medio periodo, le decisioni di acquisto vengono rimandate in attesa di un ulteriore calo, quindi le imprese aspettano per investire, licenziano. Il Giappone vive questo incubo da vent’anni, mostrando come sia difficilissimo uscire dalla deflazione, una volta installata.

Basterà il ribasso di Draghi? Forse arriva troppo tardi. La Bce si è detta ieri “pronta a valutare tutti gli strumenti a disposizione”: dopo aver già immesso nel sistema bancario mille miliardi tra dicembre 2011 e febbraio 2012, la Bce potrebbe decidere nuovi prestiti alle banche, sotto condizione Prossimamente, potrebbe esserci un terzo Ltro (Long Term refinancing operation), ma a condizioni più strette, destinato solo alle banche che poi prestano al sistema economico, per rilanciare all’attività e l’occupazione.