I numeri di ieri sul contagio non dicono nulla di nuovo rispetto a martedì. Sono 345 le nuove vittime e circa 3500 i contagi individuati nelle ultime 24 ore a livello nazionale. Ma proprio questa è la notizia del giorno: se i numeri davvero hanno smesso di crescere, significa che il lockdown dell’Italia inizia a dare risultati.

Ci vuole però anche un po’ di ottimismo per interpretare positivamente gli ultimi dati. Significa ignorare che i diecimila test effettuati sono cinquemila in meno di quelli realizzati solo tre giorni fa, e questo potrebbe aver abbassato artificialmente il dato sui nuovi contagi. E vuol dire soprattutto trascurare che ogni nuovo paziente bisognoso di terapie intensive oggi rischia di rimanere fuori dagli ospedali.

Nella provincia di Bergamo, la più colpita con quattromila casi positivi, il limite è stato raggiunto: all’ospedale Papa Giovanni XXIII del capoluogo, 80 pazienti giacciono in un reparto pensato per 72. Ma la condizione è generalizzata a tutta la Lombardia: i casi di Covid-19 da soli occupano ben 879 letti di terapia intensiva, cioè venti in più della dotazione totale (pubblica e privata) della regione. Senza i trecento posti realizzati in più negli ultimi giorni la situazione sarebbe esplosa ancora prima.

Non tutti collaborano a ampliare l’offerta sanitaria. Nella vicina Vasto, il sindaco si è opposto ad accogliere malati di Covid-19 all’ospedale cittadino. «Il rischio contaminazione sarà altissimo, sia per l’ospedale e sia per la città» ha detto in un video in cui minacciava vie legali contro l’eventuale decisione della regione. La protesta ha avuto effetto, e il «blocco Covid-19» sarà realizzato all’ospedale di Ortona.

Anche nelle Marche la situazione è satura: i 115 posti di tutta la regione bastano appena per i 109 pazienti di Covid-19. Questo vuol dire che tutte le altre esigenze sanitarie, abituate per legge ad occupare l’80% dei posti letto, oggi devono aspettare o adattarsi su letti ricavati in sale operatorie e pronto soccorsi, in ospedali in cui scarseggiano strumenti di prima necessità.

Nei giorni scorsi la questione aveva creato tensioni tra regioni e protezione civile, e in particolare tra l’assessore al welfare lombardo Gallera e il commissario Angelo Borrelli. La consegna di quasi un milione e mezzo di mascherine e guanti (un terzo alla Lombardia) le ha neutralizzate provvisoriamente. Alla protezione Civile ora si cerca di smorzare altre polemiche sul nascere.

Nel quotidiano incontro con la stampa, Borrelli si è fatto accompagnare anche da Nicola Magrini, presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco, e da Ranieri Guerra, membro italiano del direttorato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. A Magrini il compito di smorzare voci su cure miracolose che, in Italia e all’estero, si diffondono incontrollate. L’Agenzia ha approvato l’uso «in circostanze speciali» e a carico del sistema sanitario nazionale dei farmaci antivirali usati contro l’Hiv, della clorochina e dell’interferone (il «farmaco cubano»).

Si tratta di farmaci che non hanno ancora una provata efficacia, che si possono somministrare per «uso compassionevole» in assenza di altre terapie. Inoltre, Magrini ha comunicato l’avvio delle sperimentazioni su farmaci considerati più promettenti come remdesivir e tocilizumab (il farmaco giù sperimentato a Napoli su un numero esiguo di pazienti).

L’obiettivo è «accelerare e semplificare l’accesso ai farmaci sperimentali», ha detto prima di rivendicare però che «l’Aifa avrà maggiore autorità per decidere di tutte le sperimentazioni che arriveranno. Ranieri Guerra, a nome dell’Oms, ha zittito le proteste sulla scarsità di test realizzati facendo chiarezza sulle linee guida. «Dal nostro punto di vista non sono raccomandati screening di massa – ha detto Guerra – C’è una raccomandazione ad aumentare la disponibilità di test per il personale sanitario esposto in prima linea. Ma mi pare che più di così non si possa chiedere». I controlli che aumenteranno saranno quelli sul rispetto delle ordinanze. Ieri il prefetto di Milano ha annunciato l’aumento della vigilanza su chi viola il divieto di rimanere a casa salvo strette necessità. Delle ottomila denunce, ben 1200 sono già state verbalizzate a Milano, su 58mila controlli.