La palla è ancora una volta nel campo della CUP, l’organizzazione assemblearista anticapitalista e indipendentista che dalle elezioni catalane del 27 settembre sta tenendo in scacco il president della Generalitat Artur Mas. La lista che l’ha sostenuto, Junts pel Sí (JxSí) – formata dal suo ex partito, da Esquerra Republicana e da altri esponenti indipendentisti – ha ottenuto meno seggi del previsto e dipende dal voto favorevole di almeno 2 dei 10 deputati della Cup per superare il secondo turno di votazione per l’investitura del prossimo presidente catalano. Se infatti la Cup si limitasse all’astensione, i 62 seggi di JxSí non basterebbero a controbilanciare i 63 voti contrari all’investitura di Mas.

Domenica doveva essere la giornata del redde rationem. Dopo tre mesi di ferventi trattative fra gli anticapitalisti e JxSí, la settimana scorsa la lista che si è ostinata a volere Mas come candidato (anche se si era presentato formalmente solo come numero 4) aveva fatto un’ultima offerta valida 270 milioni di euro, con un pacchetto shock contro la crisi: salario minimo, blocco delle privatizzazioni, misure contro la povertà energetica e infantile, aiuti per le persone in stato di dipendenza, investimenti in educazione e sanità, e molto altro. Insomma una retromarcia completa rispetto alle politiche che Mas ha portato avanti nell’ultimo lustro. Ma il punto più indigesto per la Cup era quello del nome del presidente, a cui riconoscono il merito politico di aver messo in scacco il governo di Madrid sulla questione indipendentista, ma che accusano di rappresentare un partito corrotto e che ha sempre portato avanti politiche diametralmente opposte a quelle concordate. E infatti le emeroteche sono piene di dichiarazioni in cui il portavoce del movimento Antonio Baños assicura che mai e poi mai avrebbero permesso l’elezione di Mas (anche al manifesto).

Domenica a Sabadell più di 3000 persone si sono riunite in un’assemblea per prendere una decisione definitiva. Dopo 3 votazioni successive, le 4 opzioni iniziali si sono ridotte a due: sì a Mas, con l’ultima offerta, o sì al piano ma no a Mas. Con la conseguenza che, dato che Mas non ha alcuna intenzione di fare un passo indietro, il 10 gennaio scatterebbero le elezioni anticipate.

Ebbene, lo scenario più impensabile (in astratto, aveva solo l’1.4% di probabilità di accadere) è successo: 1515 voti a favore di Mas e esattamente altrettanti contro. Nessuno aveva previsto questo risultato, anche se le posizioni erano molto vicine: si tratta della certificazione che il movimento è spaccato a metà fra chi dà la priorità alla creazione di uno stato per poter portare avanti politiche anticapitalistiche e chi invece non vuole rimangiarsi la parola data per appoggiare chi rappresenta il potere e la corruzione che la Cup vuole spazzare via.

Lo stallo è massimo. Con il conto alla rovescia sempre più vicino a zero, la Cup ha deciso di convocare un consiglio politico allargato per il 2 gennaio. Una sessantina di persone che rappresentano le 13 assemblee territoriali del movimento, formate dai rappresentati eletti e dagli iscritti, più una decina di persone che rappresentano i vari movimenti che confluiscono nella Cup, più la segreteria del partito e i deputati eletti (nessuno dei quali con diritto di voto). Ieri sera tardi (troppo per la chiusura del giornale) si è deciso come voteranno i rappresentanti dei territori, una questione chiave per capire quali saranno gli esiti della votazione. Potrebbero semplicemente riportare in blocco il voto della loro assemblea locale, o si potrebbero pesare i voti in funzione di come si sono divise all’interno ciascuna delle assemblee locali che formano la colonna vertebrale del movimento.

Mas intanto assicura, mentendo, che non ha paura di nuove elezioni di cui sarebbe responsabile la Cup “che non ha tanta forza per cambiare il presidente della Generalitat”, ha detto. E ribadisce che sarà di nuovo lui il candidato, e che senza la sua investitura il “processo” (verso l’indipendenza) si bloccherebbe. Ma le cose non sono così semplici. Il suo partito, separato da Esquerra per le elezioni nazionali del 20 dicembre, ha ricevuto una sonora batosta rispetto a Esquerra. E la confluenza di Podemos, Izquierda unida e rossoverdi sponsorizzata dalla sindaca barcellonese Colau ha ottenuto più voti di tutti, guadagnando molte posizioni rispetto a settembre. Non è neppure chiaro se la lista unica di JxSí si ripresenterebbe o no. E lo spettro di un tripartito Esquerra-Podemos-Cup dopo l’eventuale ripetizione delle elezioni a marzo si fa sempre più concreto. Chi ha più da perdere è Artur Mas. Finora ha giocato bene le sue carte. Ma se ricevesse il pollice verso, la sua carriera politica rischia di chiudersi. A meno di un colpo di scena: se dovesse fare un passo indietro all’ultimo istante potrebbe riuscire a conservare un ruolo politico.