Mayong, considerata la capitale indiana della magia nera, vanta innumerevoli storie che vanno dal bizzarro all’incredibile: gente che viene trasformata in animali, guarigioni miracolose, rituali e pratiche occulte.

Nei pressi del villaggio si trovano «l’Emporium of Black Magic and Witchcraft» e il «Mayong Central Museum», fondati entrambi nel 2002. Al loro interno si possono ammirare manufatti, amuleti, armi, monete antiche, gioielli fatti di ossa e teschi e scritture sacre. I manoscritti con mantra occulti e incantesimi – scritti in Brajavali, Kaitheli e Assamese – sono sigillati e conservati in una teca di vetro e solo pochi anziani del villaggio sono capaci di decifrarli. Il folklore locale e le antiche scritture testimoniano il legame che Mayong intratteneva con la magia nera e i ritrovamenti archeologici di armi e oggetti taglienti confermano il rito sacrificale di uomini (Narabali). In questa pratica, come parte del rituale di adorazione della Dea Shakti, gli umani venivano sacrificati per ottenere poteri dalla magia nera.

Mayong viene poi menzionata nell’epopea mitologica del Mahabharata assieme a Pragjyotishpura (l’antica Assam). La leggenda narra che nel 1337 l’imperatore Mughal, Muhammad Shah, inviò un seguito di 100.000 uomini per catturare il regno di Ahom ma l’intero esercito perì misteriosamente nella terra della stregoneria. Inoltre il figlio di Pandava Bhima e della demonessa Hidimbi, Ghatotkacha, partecipò alla guerra di Kurukshetra solo dopo aver ottenuto diversi poteri magici dagli stregoni di Mayong.

Ancora oggi nel villaggio, che si trova nel distretto di Morigaon, risiedono oltre un centinaio di maghi e stregoni, localmente noti come bej/bez o oja. A Guwahati si narra che evochino demoni e pratichino la stregoneria preservando così una cultura tramandata da generazioni a generazioni.

Ma la realtà è un’altra: la stregoneria come l’esorcismo e l’evocazione dei demoni era ampiamente praticata a Mayong fino a 30 anni fa. Oggi queste pratiche sono state in buona parte sostituite dalla magia bianca utilizzata per guarire persone, domare animali selvatici o come chiromanzia. Chi pratica la magia nera lo fa di nascosto. Anche gli abitanti oggi si dichiarano contrari per paura di alimentare una cattiva reputazione del villaggio agli occhi degli estranei.

Dopo aver passato la notte, ospite di alcuni abitanti del luogo mi appresto la mattina a intervistare uno stregone della zona. Mi fa accomodare a casa sua e, dopo una consulenza con diversi pazienti, mi invita nel suo studio. L’oja, che vuole rimanere anonimo, spiega «Ora la magia s’insegna a chiunque sia disposto ad apprenderla. Quando arriverà il momento opportuno mio figlio compirà un Puja (adorazione verso una specifica forma della divinità) di 24 ore davanti a due dei templi da me costruiti. Alla fine della procedura la magia gli sarà trasferita».

Tilak Hazarika, un altro oja di Mayong racconta «La gente viene da tutto il mondo a richiedere il mio aiuto. C’è chi ha bisogno di guarire dolori e malattie che la medicina tradizionale non può curare, chi invece vuole rimanere incinta, chi chiede una «pozione d’amore» o la risoluzione di una disputa. Ad ogni problema viene associata una divinità specifica. Per il morso del serpente ricorriamo alla dea Padma, mentre per altri casi invochiamo Vishnu.

Chi pratica ancora la magia nera evoca Kali Maa, fondamentale se si vuole maledire e nuocere». Tilak per compiere i suoi incantesimi utilizza un pezzo di carta e una corda. Scrive all’interno della carta una formula magica, la lega con una corda per poi fornire indicazioni su come, quando e dove aprirlo. Ad esempio se si dovesse soffrire di emicrania si può dissigillare l’incantesimo all’interno di una bacinella d’acqua o nell’olio.

Ma qual è la fonte dalla magia? L’oja risponde «La magia nasce dalla divinità Brahma, considerato nell’induismo il Dio creatore dell’universo e di tutti gli esseri viventi. Le altre due divinità da lui citate sono Ganesh (portatore di energia positiva e prosperità) e Vishnu (equilibrio energetico e protezione). In natura tutto si manifesta sotto forma di magia, anche gli esseri umani. Però non tutti hanno la consapevolezza di avere dei poteri magici e, coloro che hanno il dono di sentirli possono usarli, trasferirli e utilizzare il tantra-mantra. Nel tantra la magia viene incanalata in una reliquia e il mantra la blocca in modo che rimanga collegato alla persona che ne ha bisogno».

Uno degli ultimi casi di guarigione dello stregone riguarda un signore scozzese e suo figlio di 11 anni. Cinque anni prima il bambino stava giocando nei pressi di un’area boschiva quando perse all’improvviso la voce. Il padre in Europa si rivolse a dei medici per un trattamento sperimentale che però non portò alcun beneficio. A Mumbai il genitore venne a conoscenza della magia di Mayong, cosicché condusse il figlio dallo stregone. Il bambino seguì per un mese una cura a base di diverse erbe e, al trentesimo giorno, pronunciò alcune parole. Il suo trattamento, a opinione dello stregone, riuscì a scacciare la maledizione e lo spirito che aveva colpito il ragazzo.

Gli oja possono curare malattie come l’ittero, far svanire il dolore, guarire delle fratture attraverso i mantra, i tantra e le erbe. «Qualunque cosa il medico non possa curare, noi possiamo farlo», commenta un altro stregone della zona. Una ragazza di Guwahati spiega: «Quando ero piccola mi sono fatta aiutare dagli bej per curare il mio ittero. Mi hanno guarita col loro oukhod (medicina nella lingua assamese)». Difatti nello stato dell’Assam oltre alla magia è molto praticata l’Ayurveda, un sistema di medicina alternativa con origini e radici nel subcontinente indiano proveniente dalla medicina tribale.

Oggi le pratiche magiche stanno lentamente scomparendo con le nuove generazioni lasciandosi dietro una parte importante della storia dell’Assam che ha fatto di Mayong una delle città più temute nell’antichità.