Nel 2013 il «Guardian» pubblicò una serie di articoli che rivelavano un complesso sistema di raccolta di dati da parte della National Security Agency (Nsa). Si trattava di conversazioni, telefonate, mail, e metadati «rubati» dalle interazioni telematiche degli utenti.

Un sistema complesso, mastodontico, con una mole talmente ampia di dati, da non essere probabilmente possibile esaminarla nell’arco di una vita. Si trattava dei progetti segreti della Nsa, avviati durante la presidenza Bush e lasciati proseguire da Obama. La scusa era quella di dover tenere sotto controllo i propri cittadini (e poi si scoprirà anche cittadini stranieri) per evitare il rischio di attentati terroristici.

La «fonte» di tutto lo scandalo fu Edward Snowden, giovane ex tecnico della Cia e collaboratore della Nsa, che decise di affidare al giornalista Glenn Greenwald, che già si era occupato di sorveglianza, un’immensa mole di materiale, rigorosamente organizzato, trafugato dalla Nsa.

Il suo scopo era fare conoscere al mondo come le attività della Nsa ledessero profondamente la privacy dei cittadini e come tali tecniche agissero nel più completo segreto istituzionale. Snowden, da Hong Kong dove consegnò a Greenwald i materiali dell’indagine, è poi fuggito in Russia, dopo che gli Stati uniti hanno spiccato un mandato di arresto.

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