Alcuni film del passato, significativi nella storia del cinema, fanno da riferimento teorico anche per quelli contemporanei, nelle cinematografie del centro ed est Europa. Nella sezione dei classici restaurati, il festival di Cannes offre alcune decisive esperienze cinematografiche assenti da tempo come Kieslowski, tanto amato quanto dimenticato, con un film realizzato dopo il Decalogo (1988), La doppia vita di Veronica (1991) ovvero come il cinema possa indagare delle pieghe del destino, un film quasi premonitore della biografia del regista.
Si riporta alla ribalta anche uno dei classici della regista ungherese Márta Mészáros Diario per i miei figli (1984) Gran premio della giuria a Cannes, prima parte di una trilogia che ripercorre le difficili condizioni dell’Ungheria del dopoguerra, racconto autobiografico della regista che, come la protagonista Juli dal carattere forte e determinato, torna del ’47 a Budapest insieme a un gruppo di esiliati in Russia orfana di padre, celebre scultore di cui non si è saputo più niente dopo un processo. Con Diario per i miei amori e Diario per mio padre e mia madre, film imprescindibili, che dal punto di vista teorico, nella sua forma classica immersa nel passato, permettono di leggere con più facilità anche i film delle nouvelle vagues dell’est dove presente e passato procedono con una diversa composizione più allusiva.
Dalla Cecoslovacchia della nova vlna Un giorno un gatto (’63) di Vojtech Jasny, tra i primi diplomati alla scuola di cinema di Praga nel dopoguerra, premio speciale della giuria a Cannes, con quel tipico tocco di surrealismo e di umorismo, nella location preferita del piccolo villaggio dove accadono sempre cose significative con qualche follia.

UNO DEI PIU’ GRANDI registi georgiani, Tengiz Abuladze, cantore del mondo contadino e delle tradizioni popolari, è ricordato con Monanieba (Pentimento, 1984), anche questo parte di una trilogia sulla contrapposizione tra bene e male, virtù e peccato, con La supplica (’67) e L’albero dei desideri (’77). In Pentimento una donna, dopo le pompose esequie del sindaco del paese, dissotterra il suo corpo perché non di un benefattore si tratta, ma di un crudele dittatore colpevole di deportazioni e morte
Nomi famosi sono attesi in concorso dall’Ungheria come The story of my wife di Ildiko Enyedi e Kornel Mundruczo con Evolution nella nuova sezione «Cannes première», dall’Ucraina Babyn Yar di Segej Loznitza, documentario dal luogo nei pressi di Kiev dove avvennero massacri ad opera dei nazisti .
Un nutrito gruppo di registi russi fa parte del programma, ma non sarà presente Kirill Serebrennikov a cui è stato proibito lasciare la Russia oltre che la sua abitazione per presentare il suo film in concorso Petrov Flu (la febbre di Petrov). Il regista si trova agli arresti domiciliari per una sentenza del 2020 che lo condannava a tre anni per appropriazione indebita, uno dei tanti casi di censura giudiziaria nel paese nei confronti di un artista che elabora temi pericolosi come politica, sesso e religione.

ALTRI QUATTRO FILM russi sono in programma: Compartiment n.6 di Juho Kuosmanen: anche se di nazionalità finlandese è prodotto da Sergej Selyanov (Brat e Brat 2) oltre che da Finlandia ed Estonia, girato in russo con attori russi, ambientato alla fine degli anni ’90 a San Pietroburgo. Dell’affermato Aleksej German jr, premio alla regia a Venezia per Paper Soldiers è in programma al Certain Regard House arrest, dove un professore universitario è messo agli arresti domiciliari per aver usato i social per comunicare le sue critiche alle autorità, un intreccio attualissimo.
Infine ci si avventura nella sconosciuta Ossezia del nord dove è ambientato Unclenching The Fists di Kira Kovalenko, allieva di Aleksandr Sokurov, mentre arriva alle steppe della Calmucchia White Road! della regista Ella Manzheeva nella sezione Atelier.