«Non credo che sarà rimesso tutto in discussione». Per regalare a Bruno Vespa la frase con cui alle otto e mezza di sera frena la valanga che sta montando in Europa, Matteo Renzi deve abbandonare in fretta Strasburgo, lasciare i giornalisti senza conferenza stampa e il presidente dell’Europarlamento Schulz in imbarazzo, e planare negli studi Rai di Roma con una cravatta diversa e lo stesso piglio. Junker non rischia la nomina «ma per l’Italia il tempo delle lezioncine è finite». Pubblicità.

Cinque ore prima, davanti all’assemblea plenaria di Strasburgo, inaugurando il semestre di presidenza italiana del Consiglio Ue, il leader Pd si rivolge all’Unione ma parla soprattutto agli italiani. È la famosa «disintermediazione» esaltata dai suoi, che applaudono sui social network. Alle consuete citazioni del genio fiorentino Renzi affianca per l’occasione l’immagine di Telemaco, nella versione eroica del «giusto erede» diffusa in rete nelle sinossi di un saggio di Recalcati. «La nostra generazione ha il dovere di riscoprirsi Telemaco, di meritare l’eredità. Noi non vediamo il frutto dei nostri padri come un dono dato per sempre, ma come una conquista da rinnovare ogni giorno», dice il presidente del Consiglio, forse rovesciando la sua famosa teoria della rottamazione. O forse no.

Anche la scelta di drammatizzare lo scontro con il popolare tedesco Weber non pare estemporanea, ma preparata dalle uscite del nuovo presidente del gruppo eurosocialista, i democratico Pittella: «Se cade il punto della flessibilità non c’è il compromesso e cade l’accordo su Juncker». Prima Renzi calca la mano, ricordando il precedente dello sforamento tedesco. Poi torna a Roma, dove si fa trovare all’ora di cena accanto a Vespa. In piedi, per i primi cinque minuti, copiando la scelta stilistica a Grillo. «Noi in Europa ci staremo con coraggio e orgoglio», dice, «noi le regole le rispettiamo e non sforiamo. Chiediamo di essere messi in condizione di fare le cose necessarie». Poi recupera: nessuna crisi su Junker, ma «tedeschi e olandesi non sono la bibbia rivelata». Anche perché «io il rapporto ce l’ho con Merkel e rispetterò l’impegno che ho preso con lei».

Nel frattempo Schulz aveva già cominciato a frenare la valanga: «L’accordo su Junker non è in discussione». Ma intanto doveva spiegare perché Renzi aveva disertato la conferenza stampa. Grande imbarazzo: «È già successo una volta… Non sta a me giudicare l’orario e l’agenda di un primo ministro. Sapete che è un uomo che lavora molto con la stampa, non si nasconde di certo».
Di certo a Renzi interessa quel che accade a Roma, che sventola anche a Strasburgo: «Mentre sono qui a parlare i senatori stanno finalmente votando la riforma della Costituzione». Votano, sì, ma girano attorno ai problemi veri aspettando che Forza Italia decida di ingoiare tutto il pacchetto senza modifiche, e accontentandosi di una promessa sulla legge elettorale.

Per questo Renzi oggi incontra l’ex Cavaliere, e anche questo annuncio lo regala a Vespa. E incontrerà poi i 5 stelle in streaming (con rischio Grillo, che è a Roma). Con i grillini la distanza resta grande. Berlusconi, invece, incassato il nuovo riconoscimento – subito dopo il richiamo dei giudici di Milano e a due settimane dalla sentenza di appello del processo Ruby – correrà a spiegare ai suoi che non c’è alternativa all’accordo con Renzi. «A meno che lei non abbia notizie nuove – dice il presidente del Consiglio a Vespa – sono sicuro che Berlusconi continuerà a mantenere gli impegni sulle riforme come ha fatto finora». Vespa non ha nuove notizie.