Come finirà nessuno può prevederlo, ma anche i più tenaci difensori del premier si stanno convincendo che un cambiamento serio delle cose sia a questo punto inevitabile. Un nuovo governo Conte sempre nel perimetro di questa maggioranza, con crisi pilotata, cambio di alcuni ministri, ingresso del dem Orlando come vicepremier probabilmente in tandem con Di Maio, ridimensionamento del premier se tutto filerà liscio.

Crisi al buio con rischio di elezioni anticipate e possibile modifica della maggioranza, ipotesi però che tutti i leader tranne Renzi assicurano essere impraticabile, se non si riuscirà a «pilotare». Il capo dello Stato farà il possibile per ridurre gli scossoni ed evitare che la crisi si abbatta su un Paese mai così lontano dalle alchimie politiche. Ma ora anche il Colle si rende conto che risolvere la crisi con un «ritocchino», come auspicato sino a pochi giorni fa, è probabilmente fuori discussione.

Nel giro di una settimana la posizione del premier si è drasticamente indebolita, per una quantità di errori infilati uno dopo l’altro. La vicenda della liberazione degli ostaggi in Libia ha irritato al massimo grado i servizi segreti italiani ma è stato un brutto colpo anche nelle capitali europee, che non hanno apprezzato l’omaggio reso ad Haftar. La gestione delle misure natalizie è stata disastrosa: confusa, ondivaga, incapace di restituire al Paese la sensazione di una guida sicura. In più al Mef hanno preso male la scusa adottata per giustificare l’ora e mezzo di ritardo della conferenza stampa di venerdì sera, dando la colpa proprio al ministero.

Ma soprattutto il Pd si è imbufalito per il tentativo di chiudere la verifica in tempi record, usando la necessità di difendere il governo da Renzi per ignorare le richieste anche del Nazareno. E l’insofferenza si è impennata. «Se cade il governo la strada è quella delle urne», conferma Orlando ma subito dopo chiede di nuovo a Conte di lasciare la delega sui servizi segreti e prende di mira il modus operandi di palazzo Chigi: «Il Pd ha posto delle questioni: l’accumularsi dei dossier non è positivo. Il problema non è Conte ma un metodo». Zingaretti finge di applaudire e in realtà fischia: «Il Pd ha spinto per misure severe. Ce ne assumiamo la responsabilità. Abbiamo evitato gli errori commessi quest’estate. Ora dobbiamo approvare presto la bozza del Next Generation Eu, avviare il percorso parlamentare e coinvolgere il Paese».

Il Pd vuole fare presto ma senza risolvere il nodo della sfida con Renzi non sarà possibile. «Il Recovery deve essere gestito da un governo nel pieno delle sue funzioni. Al momento non sappiamo se c’è», confermano da Iv. Conte ha promesso coinvolgimento di tutti nella stesura del Piano ma tenendosi sul vaghissimo. Punta su un vertice dei leader prima della fine dell’anno, ma a gennaio dovrà provare comunque a pattinare sul ghiaccio sottile.