La recessione in Italia «sarà profonda». La ripresa «più lunga che negli altri Stati membri». Tocca all’italiano Paolo Gentiloni, commissario europeo all’Economia, snocciolare dati e previsioni che per l’Italia suonano come una campana a lutto.

L’orizzonte è più nero di quello, già cupissimo, ipotizzato dal Def italiano: il debito non si fermerà al 155,4% del Pil. Arriverà al 158,9%. Anche la recessione andrà oltre le stime italiane: il Pil non arretrerà dell’8 ma del 9,5%. Flessione ben più grave di quella, già massiccia, dell’Unione, con un 7,4% in meno e dell’Eurozona, 7,7%. Il deficit arriverà all’11%.

Sempre che naturalmente il corso dell’epidemia non peggiori ulteriormente il quadro. Per l’Europa, chiosa Gentiloni, è «uno shock senza precedenti dai tempi della Grande Depressione» e la ripresa, proprio come la recessione, «non saranno uniformi in tutta Europa». Per l’Italia sarà peggio che per tutti gli altri, Grecia esclusa.

È L’ENNESIMA BRUTTA notizia che arriva al governo italiano negli ultimi giorni. Pessima, nonostante le minimizzazioni del ministro dell’Economia Gualtieri, quella arrivata da Karlsruhe. La sentenza tedesca, al netto dei particolari tecnici, ha un significato ben preciso: la Bce non potrà proseguire a lungo con l’acquisto dei titoli che ha sin qui salvato l’Italia.

La palla deve passare ad altri e più congrui strumenti. Il Recovery Fund, primo fra tutti. La presidente della commissione Ursula von der Leyen avrebbe dovuto presentare ieri la sua proposta.

Non ce l’ha fatta. Ha chiesto una settimana di tempi supplementari: probabilmente ne serviranno due. Segno che la trattativa è più complessa del previsto ma segno anche che i tempi non saranno tanto fulminei quanto servirebbe all’Italia. È vero che proprio la sentenza tedesca potrebbe imprimere un’accelerazione alla marcia del Recovery per farlo entrare in funzione dopo l’estate invece che l’anno prossimo. Ma per ora è un auspicio e in ogni caso bisognerà vedere come verrà riempita la scatola vuota dello «strumento innovativo»: quanti fondi, quale gestione, che tipo di controlli, quali tempi di restituzione.

ANCHE IL MES è strumento congruo e di cosa si stia parlando lo dovremmo scoprire domani, quando l’Eurogruppo chiarirà «i dettagli» della nuova linea di credito. L’Olanda insiste per condizioni rigide. Il vicepresidente della Commissione Dombrovskis, di solito un falco, assicura che non sarà così e certamente la proposta draconiana olandese non passerà.

Ma è dai termini della mediazione che dipenderà l’impatto sulla stabilità della maggioranza. Conte ripete che secondo lui il prestito non va chiesto, segno che, nonostante le indiscrezioni, l’opposizione dei 5 Stelle è ancora forte. Pd e Iv non sentono ragioni e Matteo Renzi non vede l’ora di trovarsi tra le mani un casus belli come il Mes.

LA DIVISIONE nella maggioranza, del resto è a tutto campo, tanto che Conte ha convocato per oggi Italia viva, con delegazione composta dai capigruppo Rosato e Faraone e da Maria Elena Boschi nella speranza di un chiarimento definitivo. Il decreto da 55 miliardi continua a slittare, e la favola per cui il ritardo è dovuto all’attesa delle nuove norme europee sugli aiuti di Stato è un alibi. A dilatare i tempi sono le divisioni della maggioranza su innumerevoli questioni.

Non solo particolari tecnici ma strategie distinte e opposte per affrontare sia la crisi che le sue conseguenze sociali. Confindustria è all’attacco. Ieri nell’incontro con il governo, assente Conte, la pressione è stata martellante. Non c’era neppure Bonomi, non ancora in carica, rappresentato da Marcella Panucci, direttore generale. La linea è ultimativa: «Basta con l’assistenzialismo, con i soldi a pioggia», piuttosto «indennizzi e non prestiti alle aziende».

A FARE DA SPONDA non è solo Iv di Renzi ma anche il Pd. Insieme hanno fatto muro contro il Reddito d’emergenza e, salvo ripensamenti, l’hanno spuntata: non ci sarà nessun reddito, solo un contributo una tantum. Per i 5 Stelle, che del reddito avevano fatto il loro cavallo di battaglia, è una sconfitta secca che tuttavia difficilmente resterà senza conseguenze. Fare ingoiare all’ala radicale anche il Mes, dopo la sterzata imposta da Confindustria, potrebbe rivelarsi troppo anche per Vito Crimi.

DOMANI DOVREBBERO arrivare anche le sospirate nuove regole europee sugli aiuti di Stato. A quel punto il dl Maggio, con rituale conferenza stampa del week-end, dovrebbe arrivare davvero. Rischia di avere molto poco a che vedere con le promesse e l’ispirazione iniziale del governo. Qualcuno, e non saranno pochi, verrà «lasciato solo».