Aveva affrontato bene la pandemia, conquistato risorse per un nuovo sviluppo, tentava di rendere durevole un’alleanza nata per caso, aveva conquistato una leadership al di fuori delle vecchie logiche dei partiti. Insomma un pericolo pubblico si aggirava a Palazzo Chigi. Andava, quindi, eliminato sul nascere. L’establishment vero, quello dei poteri economici e finanziari, ha agito con tutta la potenza mediatica, mandando avanti il piccolo guastatore. E così il governo Conte ha dovuto farsi la parte, anche se confortato da applausi sinceri e simpatia umana. Quindi la sconfitta viene da destra. Ma dove si va?

Il nuovo presidente con le sue prime dichiarazioni si è posto in continuità col governo Conte riconoscendone i meriti nella pandemia e nelle prime elaborazioni del Recovery Plan. Lo ha fatto, però, puntando sulla accelerazione dei tempi, buttando lo sguardo oltre l’emergenza, affrontando la gestione con una visione. Da qui l’indicazione di tre date: 2026 (anno di completamento dei progetti), 2030 (obiettivi agenda Onu), 2050 (raggiungimento Zero emissioni nette).Tre date, tre tappe di un lungo cammino da iniziare.

Quindi altro che governo per l’emergenza e sguardo ben oltre le prossime elezioni della Presidenza della Repubblica e del nuovo Parlamento. Sguardo lungo per scavalcare le difficoltà dell’oggi? Oppure politica vera che affronta il presente guardando al futuro?

La prima impressione è di una ambizione sincera e convinta. Il rifiuto di considerare la situazione attuale come il fallimento della politica ed i richiami a momenti alti come quello della riforma fiscale appaiono coerenti con la sua formazione culturale, la scuola di Caffé e la sua esperienza di alto dirigente pubblico.

Questi ed altri momenti alti della sua relazione danno dignità al disegno tracciato. Ma è credibile e coerente col governo proposto? Certo che il governo formato per perseguire questo bel disegno di futuro appare tutto tranne che all’altezza. Una operazione anomala, due governi in uno. Un governo tecnico di sua fiducia, ed uno politico fatto dai partiti. Un compromesso tra determinazione a spendere bene le nuove risorse per una modernizzazione e realismo politico per garantirsi il sostegno delle attuali forze politiche.

Un governo di primo livello ed uno di secondo? Vedremo. E vedremo quali effetti sulle forze politiche e con quale disegno di riorganizzazione del quadro politico.

Si è aperto un processo non solo da guardare, ma da vivere ed influenzare. E punto per punto. Ad esempio il tema della salute tra cura e prevenzione, tra strutture sanitarie nel territorio e forme di assistenza domiciliare, tra pubblico e volontariato. Su questo come su altri aspetti emerge una sensibilità verso il terzo settore e l’esercizio della cittadinanza.

Un tema importante anche per la relazione tra cultura cattolica e di sinistra. Si tornerà alla vecchia divisione laici-cattolici o si costruirà una visione condivisa della funzione dello Stato e quella dei singoli, dell’esercizio della cittadinanza attiva e del volontariato? Proiettando nel livello politico le tantissime esperienze che vedono nei territori giovani di diverse culture ed appartenenze impegnati insieme ad aiutare poveri vecchi e nuovi?

E poi i riflessi sull’organizzazione della politica e dei partiti. E’ nato l’intergruppo 5Stelle, Pd, Leu. Un governo con tutti dentro impone ai partiti di non offuscare le rispettive identità. E la Meloni propone scelta analoga a destra. Ma già si levano contro altre voci. Contro l’alleanza Pd- 5Stelle-Leu in prima fila ci sono naturalmente i renziani. Quale riorganizzazione delle forze politiche si produrrà? Si punterà alla nascita di un nuovo centro o al rilancio di un assetto bipolare?

L’ambiguità dei soggetti politici di cui abbiamo parlato potrà sciogliersi in una chiarificazione delle loro identità? E dove porterà questo processo: verso un nuovo bipolarismo o verso un nuovo centrismo? Un neo centrismo moderno più laico, proiettato verso un nuovo assetto economico e sociale, verso una formazione professionale più funzionale alla realtà produttiva della rivoluzione digitale?

Non credo che l’avvento di Draghi possa dare uno sbocco alla attuale crisi della politica. Certamente esso rappresenta una sfida per tutta la sinistra. E questa sfida non si vince nascondendosi dietro Draghi come nuovo salvatore dopo Conte salvatore fino a pochi giorni fa. Naturalmente nemmeno rifugiandosi nelle vecchie certezze identitarie. Usciamo da questi schematismi prima che il dilemma su quale futuro, su bipolarismo e neocentrismo, ce lo risolvano gli altri.