Anche i lavoratori indipendenti sono finiti nella trappola della crisi. Solo nell’ultimo anno hanno perso il lavoro 63 mila tra partite Iva (-21.446) e lavoratori a progetto (-45.137), due tipologie di prestazione lavorativa in realtà molto diverse ma che hanno lo stesso destino. Quello di versare i contributi previdenziali più alti rispetto ad un reddito che è passato dai 18mila euro del 2011 ai 15.500 del 2012, con un calo del -17,7%. l’aumento dell’aliquota dal 27% al 28%, a partire dal 1 gennaio 2014, e in prospettiva fino al 33% come stabilito dalla riforma Fornero sarà il colpo di grazia per queste persone che, in media, guadagnano 672,14 euro mensili (8.065 euro annui). Questi i dati inquietanti resi noti ieri dal terzo rapporto intitolato «Lavoro a perdere: meno occupati, meno reddito» dell’Osservatorio dei lavori dell’associazione 20 maggio che ha elaborato i dati Inps.
Che cosa ci fanno insieme figure così diverse tra loro, i freelance – che lavorano esclusivamente con la partita Iva – e i cosiddetti «parasubordinati» – che un contratto di lavoro ce l’hanno, ma a termine – nella stessa cassa previdenziale? Per chi non lo sapesse, la gestione separata è la gallina dalle uova d’oro dell’Inps. Secondo un precedente rapporto dell’Osservatorio, curato sempre da Patrizio Di Nicola, gli indipendenti versano all’Inps circa 7 miliardi di euro all’anno, senza ricevere alcun tipo di tutela sociale. In compenso, questi soldi (da moltiplicare per 17, tanti sono gli anni di esistenza della gestione separata) finanziano altre casse previdenziali in deficit. Ciò è potuto accadere perché il lavoro indipendente è sempre stato ritenuto come un fenomeno transitorio, fatto di «precari» giovani che avrebbero trovato un lavoro «stabile». I dati dell’Osservatorio oggi lo smentiscono questa credenza. Parliamo di persone (sono donne il 42% dei parasubordinati, il 50% tra chi lavora solo con la partita Iva) che hanno scelto di essere “indipendenti” oppure, anche a causa della crisi, hanno dovuto accettare una nuova condizione. Sono quasi 1,8 milioni: senza tutele, con un reddito di povertà che non gli permetterà di percepire una pensione dignitosa al termine della loro «carriera». Questo è lo stesso destino riservato a chi, pur non essendo «indipendente», è un precario legato alla pubblica amministrazione oppure ad ordini professionale. Parliamo di milioni di persone. Questa è la condizione del lavoro (e del non lavoro) del futuro. Considerata la «proletarizzazione» crescente tra gli indipendenti, e sensibilizzato dall’appello delle maggiori organizzazioni del lavoro professionale e autonomo contro l’aumento dell’aliquota della gestione separata (Colap, Agenquadri, Acta, Consulta del lavoro professionale Cgil, Alta partecipazione e Confprofessioni), anche per il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd), è giunto il momento di fare qualcosa. Chiede di sospendere con la legge di Stabilità l’aumento per il 2014 delle contribuzioni pensionistiche dal 27 al 33% «per le partite Iva non fittizie», e «un anno di tempo per aprire un tavolo di confronto e affrontare in modo organico e strutturale il problema».