Almeno per ora la minaccia si è rivelata un’arma spuntata. A smentire Alexandr Lukashenko, che aveva promesso di chiudere i rubinetti del gasdotto russo Yamal-Europe e di lasciare l’Europa al freddo se l’Unione europea adotterà nuove sanzioni contro Minsk, ci ha pensato direttamente il Cremlino: la Russia «è e continuerà a essere un Paese che adempie a tutti i suoi obblighi di fornire gas ai consumatori europei», ha detto un portavoce del presidente smentendo anche che le dichiarazioni di Minsk fossero state concordate.

La presa di distanze dell’alleato russo da Lukashenko non significa però che Putin stia prendendo le distanze da lui. Con il solito gioco delle parti dopo aver smentito il dittatore bielorusso Putin gli ha inviato un reparto di paracadutisti per l’ennesima esercitazione congiunta con le forze speciali bielorusse. La zona prescelta per i giochi di guerra, la regione di Grodno, è a poca distanza dal confine con la Polonia dove restano bloccati centinaia di migranti dei quali né Minsk né tanto meno Varsavia sembrano preoccuparsi. E’ chiaro che l’esercitazione, preceduta nei giorni scorsi dal sorvolo dei cieli bielorussi da parte di quattro bombardieri russi, è una dimostrazione di forza nei confronti nel solo della Polonia, che lungo il confine con la Bielorussia ha schierato 15 mila soldati e mezzi blindati, ma anche dell’Unione europea. Tutte manovre che preoccupano anche gli Stati uniti, convinti sempre più che Mosca si prepari a invadere l’Ucraina, e la Nato. Proprio Stati uniti e Unione europea ieri si sono appellati alle Nazioni unite perché adotti «azioni urgenti» contro il regime di Lukashenko accusato di «orchestrare» la crisi dei migranti per «destabilizzare» l’Ue. E’ di ieri, intanto, la notizia che anche la Lettonia, che ad agosto aveva proclamato lo stato d’emergenza, si prepara ora a costruire un muro al confine con la Bielorussia.

Intanto Bruxelles procede nella decisione di adottare un ulteriore pacchetto di sanzioni contro la Bielorussia. La discussione sulle nuove misure è praticamente finita e manca solo da definire la cornice legale all’interno della quale potranno essere adottate. E’ quanto dovrà stabilire il vertice dei ministri degli Esteri convocato per lunedì a Bruxelles nel quale verrà affrontata anche la questione delle compagnie aeree che trasportano i migranti dai Paesi di origine e di transito in Bielorussia. Ieri la Turkish Airlines ha annunciato di non prendere più a bordo dei propri vettori che collegano la Turchia con la Bielorussia i viaggiatori provenienti da Iraq, Siria e Yemen, mentre la Iraqi Airlines ha comunicato che non riprenderà i cinque voli diretti a settimana che collegano Baghdad ed Erbil a Minsk. L’Iraq si è anche detto pronto a rimpatriare i suoi cittadini che si trovano in Bielorussia e volessero rientrare volontariamente in patria.

Prosegue, infine, il lavoro diplomatico nei confronti del presidente russo. Dopo la cancelliera tedesca Angela Merkel presto anche il presidente francese Emmanuel Macron e il premier italiano Mario Draghi parleranno con Putin della crisi al confine tra Polonia e Bielorussia. Ad annunciarlo è stato ieri Macron al termine del vertice di Parigi sulla Libia.