Aveva promesso al segretario generale della Fiom di bere un bicchiere d’acqua con lui e ieri mattina Antonio Frosolone ha mantenuto la parola. Maurizio Landini si è presentato a casa sua, a Lago Patria: «Abbiamo fatto un brindisi – ha raccontato -, vedere che anche Landini si interessa alla mia situazione è la dimostrazione che i miei compagni sono molto interessati a me. Un bel gesto di solidarietà». Dal 22 agosto l’operaio Fiat del reparto logistico di Nola aveva cominciato lo sciopero della fame, della sete e delle medicine, sospendendo i farmaci per il cuore e il diabete.

Sei anni di cassa integrazione senza alcuna prospettiva di lavoro hanno già prodotto due suicidi tra i colleghi di Antonio, accanto ad altri tentativi per fortuna non portati a termine. Per convincerlo a interrompere la protesta ieri pomeriggio si è tenuta una manifestazione nella parrocchia di Pomigliano.

Viste le condizioni di salute, probabilmente Frosolone ricomincerà a curarsi e, sotto osservazione medica, anche a nutrirsi ma la battaglia per rompere il silenzio e l’isolamento dei 300 lavoratori del reparto punitivo di Nola è ancora lunga: «Qualche parlamentare ha presentato delle interrogazioni, la Fiat dice che avvierà 60 postazioni, la verità è che i lavoratori sono disperati e sul tavolo non c’è nessuna soluzione – spiega Andrea Amendola, segretario regionale Fiom -. Dopo la marcia dei quarantamila nel 1980 ci fu un’ondata di licenziamenti con centinaia di suicidi. Chi ha il lavoro se lo tiene stretto e non mostra alcuna solidarietà, se indiciamo un’assemblea se ne tengono lontani per paura di ripercussioni».

Al Giambattista Vico le cosa non vanno bene: sul piazzale della fabbrica di Pomigliano giacciono invendute 10mila Panda, questo mese il settore A (dove si produce l’utilitaria, l’unico dove si lavorava senza cassa integrazione) dovrebbe fare una settimana di cig e, a dicembre, ferie lunghe. Il nuovo modello Panda dovrebbe arrivare tra quattro anni, che è un modo gentile per dire che per ora non c’è niente per il Vico.

La buona notizia è che questa settimana sono tornati al lavoro sulle linee di produzione di Pomigliano dieci degli iscritti Fiom che avevano vinto la causa contro la Fiat per discriminazione, i restanti nove verranno assorbiti nei reparti dove si lavora a rotazione con i contratti di solidarietà. «È la dimostrazione che avevamo ragione ma non è una vittoria – conclude Amendola -, bisogna riprendere da capo a costruire rapporti e lotte».

Per gli operai della ex Irisbus invece c’è ancora da aspettare. I 300 lavoratori sopravvissuti alla chiusura da parte del Lingotto della fabbrica che produceva bus nell’avellinese e i 200 della Breda Meranini di Bologna hanno ricevuto nuove rassicurazioni, ma non c’è ancora una data per la nascita della newco Industria Italiana Autobus. Al ministero della Sviluppo economico c’è stato ieri un incontro tra i parlamentari irpini e il viceministro Claudio De Vincenti, che ha assicurato la chiusura dell’accodo entro l’anno.

La partita si gioca tra Cnh Industrial (proprietaria dei suoli della Irisbus), Finmeccanica (che resta con il 20%, ma vorrebbe poi cedere le quote entro un paio d’anni) e King Long Italia, ramo locale del colosso del trasporto cinese.

A rallentare la trattativa è la diffidenza della Breda, che ha le licenze. La Fiom attende la convocazione al tavolo: «Nel piano industriale c’è solo la costruzione dei bus pollicino per i centri storici, accanto al revamping dei mezzi in circolazione e la personalizzazione dei pullman dalla Cina da mettere sul mercato europeo. C’è poi il pericolo che si giochi al ribasso sui salari nel nuovo contratto. Per noi il modello di riferimento è quello della Breda».