Grandi propositi per tornare a «crescere» e una pioggia di incentivi, condoni, auspici di privatizzazioni degli immobili degli enti locali, più una spruzzata di «digital innovation» e «economia circolare che sta sempre bene per un provvedimento che svuota i cassetti del ministero dello sviluppo di vecchi e nuovi progetti per mettere insieme qualche decimale di punto e mantenere il prodotto interno lordo sopra lo zero. È il profilo della crescita per decreto approvata ieri con la formula che lascia aperte altre ipotesi (il «salvo intese»). Il governo dei penultimatum al ministro dell’economia Giovanni Tria che pone obiezioni sui rimborsi ai truffati delle banche al più noto provvedimento del decreto più pazzo del momento ha previsto un «omnibus» composto da mille cordiandoli. Il primo è il dodicesimo condono (un record) della pur breve legislatura Lega-Cinque Stelle: la rottamazione delle cartelle esattoriali estesa anche a regioni, province, città metropolitane e comuni. Avranno 60 giorni di tempo per decidere se e quanto condonare su multe e cartelle, in tempo per le elezioni locali che si svolgeranno in oltre 3 mila comuni nello stesso giorno delle europee del 26 maggio.

Segue l’estensione del piano di dismissioni immobiliari, già previsto dalla legge di bilancio. L’obiettivo è «ampliare» e «rafforzare» la cessione degli immobili pubblici degli enti locali che possiedono l’80% dei beni previsti. Di scarsa realizzabilità, visti i precedenti degli ultimi governi alle prese con l’esigenza di fare cassa e trovare un modo per mettere i conti a posto nell’immediato. In question time ieri al Senato il ministro del lavoro e sviluppo Luigi Di Maio (M5S) ha snocciolato il fitto elenco degli incentivi alle imprese. Ci sono le piccole-medie imprese e le «start up innovative», un fondo ad hoc per le «zone economiche speciali», una pioggia di denaro nei settori più disparati nell’ambito dell’ecobonus, poi del «sismabonus» esteso ad altre zone sismiche. Non manca un fondo per «l’economia circolare» con una dote di 140 milioni e servirà a favorire ricerche tra i 500mila euro e i 2 milioni, con un finanziamento agevolabile fino al 50% e 20% di contributo diretto. è stato dato il via libera alla conversione di una parte del prestito ponte per Alitalia (900 milioni di euro), concesso alla compagnia nel maggio 2017. Permetterebbe al Tesoro di entrare nella newco per la nuova Alitalia con una quota che potrebbe essere del 15%. La partita è aperta. Ci sono anche 500 milioni di euro ai comuni per avviare «opere pubbliche» di efficientamento energetico e «sviluppo sostenibile». Per il «made in Italy» previsti 140 milioni di euro per l’export. E molto altro, a partire da un fondo per la prima casa da 100 milioni, il taglio dell’Imu sui capannoni e quello dell’aliquota Ires dal 25 al 15% a partire dall’anno di imposta 2019 (poi al 21,5% nel 2020). Reintrodotto da aprile il superammortamento al 130% degli investimenti in beni strumentali.

Le ragioni addotte per giustificare il taglio del fondo per il pluralismo nell’editoria o quello del taglio della convenzione a Radio Radicale, per fare un esempio, non valgono in tutti questi casi. In nome del «mercato», il governo populista-liberista dà prova di assistenzialismo di stato alle imprese. Il mercato vale per tagliare l’informazione, che non è una merce, ma non per chi produce anche merci e, spera il governo, contribuirà alla «crescita».

Va ricostruita la lettura della crisi fornita ieri sia da Di Maio che dal presidente del Consiglio Conte. Per il primo: la «crisi non l’abbiamo creata noi». Giusto, non siamo mai usciti. Ma, come Conte, Di Maio sottovaluta che la situazione attuale non è dovuta solo dalle difficoltà dell’export, dalla guerra dei dazi di Trump e dal generale rallentamento dell’economia dell’Eurozona. Ci sono anche ragioni legate alla domanda interna, restano ancora latitanti gli investimenti. A meno di non considerare quelli contenuti nel «decreto crescita» provvedimenti che colmano il ritardo. Non è nemmeno da escluderlo, ma considerata l’entità e la varietà resta da vedere. Parlando del provvedimento gemello a quello sulla crescita – lo «sblocca cantieri» (ribattezzato dalla Cgil «sblocca porcate») – ieri il ministro delle infrastrutture Toninelli (M5S) ha detto, involontariamente, la realtà: «Tra qualche anno ci darà risultati straordinari». Un tempo lungo, lunghissimo.