La crescita più bassa dal 1990: i dati sull’economia cinese segnano un Pil al 6,6% che preoccupa il resto del mondo e pone in relativa allerta il Pcc. La leadership del paese raccomanda prudenza, ritenendo i dati sotto controllo (alcuni analisti, al contrario sospettano che i numeri cinesi ufficiali siano ritoccati); più in allarme è la comunità internazionale – riunita a Davos anche se con importanti defezioni – che negli anni scorsi ha trovato in Pechino uno dei motori più roboanti dell’economia mondiale.

Pesano i dazi, specie nell’ultima parte dell’anno – il che lascia presagire che la crescita sarà bassa pure in questo inizio 2019 – e un diffuso clima di sfiducia per l’aumento dei prezzi e per la più generale difficoltà del mercato interno cinese. Pechino ha la ricetta: il progetto della nuova via della seta punta ad allargare il campo, ampliando il mercato internazionale per le merci cinesi, mentre la corsa tecnologica dovrebbe stimolare il mercato interno e il lavoro (anche se poche riflessioni, ad oggi, sono state effettuate sui rischi dell’automazione).

Ci si chiede, inoltre, che tipo di politiche saranno adottate da Pechino: nel 2008 a fronte della crisi mondiale, la Cina aveva iniettato liquidità, portando però a una «quasi-bolla» immobiliare e a una mini crisi del sistema creditizio. Che l’economia del gigante non sia al massimo della forma lo sappiamo già dal 2016, quando a tremare fu il mercato azionario. Oggi si sono aggiunti i dazi che, per quanto ancora al di sotto di un livello di allarme, hanno portato a una contrazione della crescita.

Proprio nel giorno dell’annuncio del 6,6%, Xi Jinping ha tenuto un discorso ai quadri del partito comunista all’interno di un gruppo di lavoro dedicato alla simulazione di scenari «di rischio» di natura economico-finanziaria. Xi, dopo aver specificato che l’economia è sotto controllo, ha invitato i quadri del partito a stare bene in guardia. La Cina, ha detto il numero uno, deve fronteggiare una situazione internazionale che potrebbe farsi cupa, insieme a un generale rallentamento economico mondiale.

I dirigenti dunque dovranno prestare attenzione a tutto: Xi Jinping ha citato tanto i rischi di «cigni neri» – che nel linguaggio finanziario indica un evento inaspettato e imprevedibile – quanto i «rinoceronti grigi», eventi previsti ma sottovalutati. Si tratta dell’ennesimo richiamo del leader a questi due concetti mutuati dalla finanza: aveva citato i due fenomeni anche nel 2018. E i più attenti avevano già notato un particolare: nel discorso di capodanno del 2018, Xi aveva alle proprie spalle una libreria. I cinesi appassionati di particolari avevano così segnalato che tra i libri presenti alle spalle di Xi, oltre a classici cinesi, occidentali (spicca Turgenev) e alle opere dei suoi predecessori (compreso il grigio Hu Jintao), c’era anche il volume The Gray Rhino: How to Recognize and Act on the Obvious Dangers We Ignore di Michele Wucker.

Insieme a questo c’era un altro testo importante per comprendere l’attuale direzione cinese, Augmented di Brett King: non a caso anche nel discorso ai quadri di partito Xi Jinping ha sottolineato l’importanza dell’innovazione e della capacità cinese di spingere sull’acceleratore della tecnologia. Ma naturalmente i leader cinesi non sono certo stolti: sanno che la propria economia potrebbe rischiare. Per questo i negoziati sui dazi saranno importanti: Pechino sa di dover arrivare a un compromesso capace di non complicare la cosa che ha più a cuore: il mantenimento della stabilità interna, a sua volta dipendente dalla crescita della propria economia.