La lotta dei lavoratori della Gkn, dopo l’annuncio via e-mail da parte del fondo inglese Melrose del licenziamento dei 422 dipendenti, mostra con forza l’esistenza di quel conflitto sociale che la retorica neoliberista nega e pretende di assorbire subordinando il lavoro ad una libertà di impresa legibus solutus.
Come si legge nel comunicato con il quale il collettivo di fabbrica annuncia l’assemblea davanti ai cancelli dello stabilimento rivendicando la partecipazione alla stesura del provvedimento “anti delocalizzazioni” Orlando-Todde, in discussione è «il tema del posto di lavoro come un problema collettivo», «come un corpo di diritti e un patrimonio collettivo».
I lavoratori della Gkn ci ricordano il senso del lavoro come fondamento della Repubblica (art. 1 Cost.), come base sulla quale costruire un progetto di emancipazione, un progetto che è insieme personale e sociale. Il richiamo al “collettivo” si contrappone all’individualismo competitivo dell’imprenditore di se stesso di cui è impregnata la narrazione mainstream, funzionale, con la dissoluzione dei corpi intermedi, all’atomizzazione della società (“la società non esiste” proclamava Margaret Thatcher), alla sua liquefazione in una massa di individui soli e deboli di fronte al potere.
Ad essere rivendicato è, in senso ampio, il ruolo costitutivo dei lavoratori rispetto alla società, a fronte di un governo che, come appare chiaramente dal PNRR, in continuità con i precedenti (ormai da decenni, dalla svolta in senso neoliberista degli anni Ottanta), pone al centro la libertà di impresa, con un approccio ordoliberista rispetto ai diritti sociali e tout court repressivo rispetto ai diritti dei lavoratori.
«Solo se cambiano i rapporti di forza generali nel Paese, noi possiamo sperare di salvarci» – si legge nel comunicato del collettivo di fabbrica della Gkn: è la consapevolezza dell’esistenza di una classe in sé e per sé, e del conflitto, di marxiana memoria, contro le strumentalizzazioni occultate nei discorsi che inneggiano a una “coesione sociale” a senso unico, ad una “ripresa” che mette al centro la competitività e trascura eguaglianza e giustizia sociale.
«La Repubblica fondata sul lavoro» (art. 1 Cost.) non è una mera petizione di principio ma segna un mutamento nella «concezione dei fini e della funzione dello Stato, non più solo garante delle libertà, chiamato com’è ad intervenire nella disciplina dei rapporti sociali per contrastare da una parte le prevaricazioni del potere economico e promuovere dall’altra una più equa distribuzione tra le classi dei beni della vita» (Mortati). Coerentemente, la Costituzione prevede che la libertà di iniziativa economica privata possa essere limitata in caso di contrasto con l’utilità sociale o di danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana, nonché soggetta ad indirizzo e controllo per «fini sociali» da parte del legislatore (art. 41 Cost.): una legge “anti delocalizzazioni”, che non si riduca a operazione di marketing, che introduca limiti sostanziali e non solo procedure formali, è un passo per rompere l’intoccabilità della libertà di impresa, nella prospettiva della centralità delle persone e non del profitto.
Dietro la richiesta di una legge «scritta con le nostre teste», vi è poi il riconoscimento, come strumento e come fine, di quell’«effettiva partecipazione» «all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (art. 3 Cost.) che rappresenta il cuore del progetto costituzionale, della democrazia sociale e sostanziale. Ad essere evocate sono norme accantonate della Costituzione, come gli articoli 43 e 46, scritte con l’obiettivo di favorire la partecipazione diretta dei lavoratori e dei cittadini, dando slancio al senso del lavoro come trait d’union tra democrazia politica, sociale ed economica e ad una sovranità popolare che si articola nelle forme della democrazia rappresentativa così come in quella della “democrazia dal basso”.
Ancora: i lavoratori della Gkn rivendicano il lavoro non come merce, ma come strumento di dignità, il lavoro con la sua dote di diritti, che garantiscono il lavoratore e rafforzano la sua posizione, dotandolo degli strumenti in grado di far sentire la “forza del numero” (attraverso, in primis, lo sciopero e la contrattazione collettiva nazionale; artt. 39-40 Cost.) nella prospettiva di un’eguaglianza sostanziale, che, lungi dall’essere cieca, riconosce le diseguaglianze per rimuoverle, prendendo le distanze dalle sirene di una artificiale parità che si traduce in concreta diseguaglianza.
La Costituzione, ancora una volta, è disprezzata e tradita dalla maggioranza politico-partitica che siede nelle istituzioni, prona ai dettami del côtè neoliberista e all’arroganza della nostrana Confindustria, ma è compagna di coloro che rivendicano i propri diritti e insorgono: vive nelle lotte dei lavoratori della Gkn.