A quasi un mese dall’inizio della rivolta popolare contro il suo governo, il presidente Piñera ha tentato ogni strada per mettere fine alle proteste. Ogni strada tranne una, l’unica che risulterebbe decisiva, quella della rinuncia.

L’ultima carta giocata dal presidente è quella del Congresso costituente incaricato di redigere una nuova Costituzione, che andrebbe poi sottoposta alla ratifica popolare mediante plebiscito. Ma che si tratti di una trappola è fin troppo evidente.

Perché, in tal caso, la nuova Carta Magna, principale rivendicazione di tutti i settori mobilitati contro il governo, non sarebbe il frutto di un’Assemblea costituente emanata dal popolo e dunque espressione reale della sua volontà, ma il prodotto di un’iniziativa dall’alto condotta dai parlamentari stessi, cioè da quel sistema dei partiti a cui il popolo cileno ha voltato da tempo le spalle.

Senza contare che non di una riscrittura completa si tratterebbe ma piuttosto di una riforma dell’attuale Costituzione elaborata sotto la dittatura di Pinochet. Ma ancor prima che il Congresso passi a designare tra i propri membri un gruppo incaricato di redigere il testo, la cittadinanza dovrebbe già esprimersi, attraverso la convocazione di un primo plebiscito, a favore o contro la proposta di una nuova Carta. Si tratta tuttavia di un’iniziativa condannata all’insuccesso.

Quasi di una mossa disperata, di fronte all’ennesima prova di forza offerta dal popolo cileno con lo sciopero nazionale realizzato martedì da lavoratori, studenti, insegnanti, lavoratori portuali, alcune categorie del settore minerario e dei trasporti, tra diversi altre: due milioni di partecipanti secondo la televisione cilena – ma probabilmente molti di più – tra cui 300mila a Santiago, dove la marcia, partita da Plaza Italia (ribattezzata Plaza de la Dignidad) è arrivata alla Moneda sfidando l’ormai abituale repressione da parte degli agenti di polizia.

Per dare l’ultima spallata al governo basterebbe ormai uno sciopero generale continuato e a oltranza, come chiede insistentemente una buona parte dei manifestanti. Ma è proprio su questo che si gioca la partita all’interno del campo popolare, diviso tra la tentazione di una soluzione negoziata e la volontà di spingere la ribellione fino alla sua naturale conclusione: la caduta di Piñera e la creazione di un’Assemblea costituente realmente libera e sovrana.