Prime indiscrezioni sul nuovo soggetto politico di Pippo Civati, primo guaio nella sinistra che si vuole rilanciare in un modo se non amorosamente unitario almeno meno rissoso dei suoi precursori. Ieri l’ex deputato dem ha lanciato sul Corriere della sera l’associazione «Possibile» in concomitanza con la vittoria smagliante di Podemos alle amministrative spagnole. Ma, giura Civati, non si tratta della «trasposizione di modelli stranieri». Peraltro l’associazione civatiana è già attiva da tempo, anzi è stata lanciata lo scorso luglio a Livorno e tenuta a battesimo da Vendola e Cuperlo. Certo, oggi che Civati ha lasciato il Pd, la sua «cosa» si trasformerà, spiega lo stesso deputato, in «un soggetto politico nuovo e fortemente innovativo», a disposizione «di tutti coloro – singoli cittadini e formazioni organizzate già esistenti – interessati a condividere con noi un modello di lavoro completamente nuovo, che mira a formare una classe dirigente davvero competente e libera».

Da tempo dell’associazione ci sono i profili facebook relativi a ciascuna regione: «In Lombardia è possibile», «In Puglia è possibile» e via via proseguendo, stesso format per ciascuna regione. Fino alla Sardegna: dove però – ecco il guaio – un movimento con quel nome c’è già quasi identico, «Sardegna Possibile», con tanto di marchio registrato. Sta a sinistra, si è presentato alle regionali di febbraio guidato dalla scrittrice indipendente ed indipendentista Michela Murgia. E ha anche preso il 10 per cento e qualche consigliere comunale. Così ora l’organizzazione politica sarda è di malumore. Parecchio. Si tratta di un antipatico caso di noncuranza a sinistra: come fu quello di D’Alema quando lo scorso marzo propose di fondare l’associazione «per il rinnovamento della sinistra» scordando che però esisteva già, e l’aveva fondata vent’anni prima Aldo Tortorella. In quel caso la querelle finì lì.

Ora l’organizzazione sarda deciderà cosa fare. Ma intanto gli attivisti fanno sapere che «auspicano che sia una disattenzione più che un plagio voluto», si augurano «che non c’entri nulla la coincidenza con la ripresa, dopo una lunga serie di approfondimenti e dibattiti, di un movimento politico che coniughi le istanze di autodeterminazione della Sardegna, del tema dell’indipendenza». Sardegna possibile crede nei beni comuni e milita nei comitati contro le trivelle, contro le chimiche «falso-verdi», le basi militari, la ‘Buona Scuola’ e il jobs act. A occhio e croce l’omonima civatiana avrà un programma simile, ovviamente indipendenza a parte. «Ma la pratica di esportare da noi un ’format’ nazionale ricorda oggettivamente la vecchia cara pratica colonialista», è la conclusione dell’originale sarda. Per ora.