Poco prima di andare in vacanza la Corte Suprema degli Stati uniti ha dato ragione a Trump, confermando la validità del travel ban, il provvedimento che serve a bloccare l’ingresso negli Usa per ragioni di sicurezza a chi proviene da sette Paesi, cinque a maggioranza musulmana – Iran, Libia, Somalia, Siria e Yemen – più Corea del Nord e Venezuela. Con 5 voti a favore e 4 contrari, i giudici hanno stabilito che il travel ban non è discriminatorio nei confronti dei musulmani e, siccome riguarda la sicurezza nazionale, non eccede l’autorità del presidente.

Il ban ha avuto un percorso travagliato, fatto di ricorsi, decisioni di tribunali federali e svariate modifiche che hanno portato fino all’ultima versione, approvata a settembre 2017 come decreto presidenziale. La prima versione era stata introdotta poche settimane dopo l’insediamento di Trump e aveva provocato proteste in tutti gli Usa, con festeggiamenti ogni volta che il provvedimento veniva bocciato; stavolta a festeggiare è la Casa Bianca.

Poche ore dopo l’annuncio della Corte Suprema si sono tenute manifestazioni nelle principali piazze americane dove si sono riuniti rappresentanti dei difensori dei diritti civili, attivisti, politici e cittadini che non si riconoscono nell’America di The Donald. «Non è la prima volta che la Corte sbaglia – ha dichiarato l’associazione di legali per i diritti civili Aclu – o che permette di ufficializzare il razzismo e la xenofobia piuttosto che opporvisi. La Storia giudicherà duramente la decisione di oggi. Nel 1944, la Corte Suprema autorizzò il governo degli Stati Uniti a imprigionare americani giapponesi unicamente a causa della loro origine ed etnia, sulla base di vuote pretese di sicurezza nazionale. È uno dei capitoli più vergognosi della storia degli Stati Uniti, e la decisione odierna si unisce a questa».

Le manifestazioni contro la decisione della Corte Suprema si sono unite a quelle per i diritti dei migranti illegali che vengono fermati alla frontiera con il Messico, dove le famiglie fino a pochi giorni fa venivano divise, separando i minori dagli adulti come deterrente.

Proprio a seguito delle proteste e delle azioni legali lunedì il dipartimento di sicurezza delle frontiere ha stabilito che le famiglie di immigrati detenuti verranno rilasciate con la promessa di tornare per un’audizione col giudice, ripristinando così l’approccio chiamato catch and release (cattura e rilascia) dell’amministrazione Obama, che Trump ha sempre criticato; il commissario del dipartimento per la difesa delle frontiere ha annunciato che fino a quando il governo non avrà raggiunto un accordo su una politica che non comporti la separazione delle famiglie la sua agenzia smetterà di consegnare i migranti.