Ieri mattina la Corte suprema indiana ha stabilito la chiusura di ogni procedimento penale sul territorio indiano a carico dei fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, accusati di aver ucciso i due pescatori Ajesh Binki e Valentine Jelastine al largo delle coste del Kerala il 15 febbraio 2012.

La Corte ha applicato l’accordo raggiunto tra Italia e India nel luglio del 2020 presso il Tribunale arbitrale dell’Aja. Secondo l’arbitrato, i due fucilieri in servizio anti-pirateria a bordo della petroliera privata Enrica Lexie hanno agito «nell’esercizio delle loro funzioni militari» e pertanto è stata riconosciuta all’Italia la giurisdizione esclusiva del caso.

Ma aprendo il fuoco contro il peschereccio St. Anthony, i militari italiani a bordo della Lexie hanno violato la libertà di navigazione dei pescatori indiani, causando anche due vittime. Per questo, l’arbitrato aveva disposto che Italia e India trovassero un accordo economico per risarcire il proprietario del peschereccio e le famiglie di Binki e Jelastine.

La Repubblica italiana ha versato 100 milioni di rupie – pari a 1,1 milioni di euro – come «indennizzo» alle parti coinvolte. Una cifra che la Corte suprema ha giudicato «ragionevole e adeguata». A ciascuna delle famiglie delle vittime andranno 40 milioni di rupie, mentre i restanti 20 milioni risarciranno il proprietario del peschereccio St. Anthony.

Il ministro degli esteri italiano Luigi di Maio ieri ha commentato la vicenda in un tweet: «Chiusi tutti i procedimenti giudiziari in India nei confronti dei nostri due marò, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. Grazie a chi ha lavorato con costanza al caso, grazie al nostro infaticabile corpo diplomatico. Si mette definitivamente un punto a questa lunga vicenda».

«Si chiude il caso con l’India. Un successo della diplomazia italiana», ha twittato Paolo Gentiloni, commissario europeo all’Economia che durante il confronto diplomatico tra India e Italia ha ricoperto le cariche di ministro degli esteri e presidente del consiglio.

Di tenore opposto la reazione di Paola Moschetti, moglie di Massimiliano Latorre, che ha spiegato all’agenzia Ansa: «Da nove anni sono costretta a parlare a nome di mio marito. A lui è stato fatto esplicito divieto di parlare pena pesanti sanzioni. È vincolato al segreto. È ora di chiedersi perché le autorità militari vogliono mantenere il segreto su ciò che sa e vuol dire. Quello che so è che per la politica italiana siamo stati carne da macello. Presto Massimiliano si presenterà alla procura di Roma».

Nel 2012 la procura di Roma aveva aperto un fascicolo per omicidio volontario scrivendo Latorre e Girone nel registro degli indagati. Nelle prossime settimane i pm riprenderanno le indagini e convocheranno entrambi i fucilieri per ascoltare la loro versione dei fatti.