L’ultima sentenza importante della Corte costituzionale, quella che dà tredici mesi di tempo al parlamento per intervenire sull’ergastolo ostativo, di cui però già individua il contrasto con la Costituzione, non fa che confermare un orientamento che i giudici delle leggi hanno preso da qualche tempo. Quello di spingere sul versante del «dialogo con il legislatore» che nel caso della Corte prende le forme dei «moniti» al parlamento. Moniti spesso disattesi, come lamenta il presidente della Consulta Giancarlo Coraggio, intervistato nelle prime pagine di una nuova pubblicazione della Corte, l’Annuario che debutta con l’edizione 2020. «È un fatto che i numerosi moniti con cui la corte ha chiesto al legislatore di intervenire sono aumentati e sono in gran parte rimasti inevasi», fa notare Coraggio. Come nel caso della sentenza Cappato sull’aiuto al suicidio. Nel 2020 le decisioni che contengono un monito sono cresciute fino a 25, erano solo 10 nel 2018. Quest’anno, a gennaio, c’è già stato anche il monito della Corte al parlamento perché garantisca la tutela dei figli nati da una coppia di donne con la fecondazione eterologa. L’Annuario è ricco di dati sul lavoro della Corte che, si scopre, non ha diminuito la sua “produttività” per la pandemia, tant’è che il numero di cause pendenti è diminuito. Interessante che siano diminuite anche le ordinanze di inammissibilità rispetto alle sentenze, secondo Coraggio questo si deve alla «maggiore propensione della Corte ad arrivare all’esame del merito». Da un punto di vista quantitativo, il 58% della cause davanti alla Corte nel 2020 ha riguardato il giudizio incidentale (sulla costituzionalità delle leggi) e poco meno del 40% il giudizio in via principale nei conflitti Stato-regioni.