La Corsica non è la Catalogna, cercano di rassicurarsi a Parigi. Ma le elezioni, oggi il primo turno, domenica 10 il secondo, nella regione più decentralizzata del paese più centralizzato d’Europa destano inquietudine. Oggi, 140mila corsi vanno alle urne per scegliere tra 7 liste  la composizione dei 63 seggi della nuova Assemblea territoriale, una riforma che darà nascita alla prima regione metropolitana francese, fusione dei due dipartimenti e della Regione in un unico ente, situazione unica in Francia. Queste elezioni arrivano solo due anni dopo le regionali, che avevano segnato la vittoria dei nazionalisti e pochi mesi dopo le legislative, che per la prima volta hanno portato all’Assemblée nationale tre deputati nazionalisti.

I nazionalisti sono dati vincenti da tutti i sondaggi. Presentano due liste, una molto minoritaria e più estremista (Core in fronte) e l’altra nata dall’accordo tra le due grandi correnti e le due personalità della vita politica dell’isola: Pé a Corsica, dove sono presenti (l’unione aveva già avuto luogo alle regionali del 2015), l’autonomista Gilles Simeoni, attuale presidente dell’esecutivo corso (il “governo” locale) e l’indipendentista Jean-Guy Talamoni, attuale presidente dell’Assemblea territoriale, soprannominato “il Puigdemont corso”. Entrambi sono avvocati. Gilles Simeoni, che nel 2014 è stato il primo leader nazionalista a conquistare una grande città (Bastia), figlio di Edmond Simeoni, il fondatore del nazionalismo corso,  è stato il difensore di Yvan Colonna, condannato all’ergastolo per l’assassinio del prefetto Erignac. Jean-Guy Talamoni ha avuto la sua prima formazione politica a A cuncolta, poi Corsica Nazione, i più decisi indipendentisti. All’Assemblée corsa ha fatto sostituire il busto della Marianna con quello di Maria Gentile, l’”Antigone corsa” che nel 1769 aveva sfidato le autorità francesi e seppellito il fidanzato impiccato con l’accusa di aver partecipato a un complotto contro i soldati francesi che stavano conquistando l’isola.

I nazionalisti, per il momento, non parlano di indipendenza. Puntano a un ampio Statuto di autonomia della Corsica, che vada oltre i già ampi poteri (rispetto alle altre regioni francesi) che avrà il nuovo ente territoriale, che dovrà gestire un budget di un miliardo di euro (e 600mila euro di debiti): comprende sviluppo economico, ambiente, cultura, sport, edilizia, infrastrutture, trasporti e scuola secondaria. L’accordo politico tra le due formazioni nazionaliste prevede, entro tre anni, la completa autonomia con potere legislativo, amministrativo e regolamentare. L’insegnamento in corso è già una realtà, ma i nazionalisti vogliono ufficializzare la “co-ufficialità” di francese e corso, oltre a volere l’amnistia per i “prigionieri politici” e per i ricercati (il Flnc ha deposto le armi nel 2014). Per Talamoni il nuovo ente territoriale è una “tappa” verso l’indipendenza. I rapporti con i catalani sono molto stretti, in particolare con Carles Puigdemont, che è invitato alle Giornate internazionali di Corte, che si svolgono ogni anno ad agosto. “I catalani sono molto pacifici – ha commentato Talamoni dopo la repressione del 1° ottobre a Barcellona – sono rimasti con le braccia alzate, non sono sicuro che qui avremmo fatto lo stesso”.

A contrastare i nazionalisti al secondo turno potrebbe formarsi un “fronte repubblicano”. Ci sono due liste di destra (ma nessuna diretta espressione dei Républicains), una République en Marche:  a questa possibile unione al ballottaggio, potrebbe unirsi chi è rimasto fedele a Paul Giocobbi, per decenni punto di riferimento della sinistra corsa, ma ormai fuori gioco dopo la condanna a 5 anni di ineligibilità per truffa ai fondi pubblici. Il Fronte nazionale è presente. La sinistra della sinistra ha una lista composta dal Pcf e da una parte di France Insoumise (Mélenchon ha espresso ostilità per questo accordo).  La campagna è stata in realtà poco seguita sul continente. In Corsica, sono stati elusi i principali problemi. Nell’isola la povertà è aumentata, il 20% degli abitanti vive sotto la soglia della povertà, il precariato si diffonde, mentre dalla Francia metropolitana arrivano residenti, abbienti, con la speculazione immobiliare che esplode  (la popolazione è cresciuta del 17% tra il 2008 e il 2013, per i nazionalisti è la prova di “colonizzazione attraverso il popolamento” che porta la minaccia di una “scomparsa programmata del popolo corso”, che al contrario diminuisce).

Mentre i corsi votano, il primo ministro, Edouard Philippe, è in Nuova Caledonia. Qui, alla conclusione di un processo di autonomia iniziato 30 anni fa con il governo Rocard dopo il massacro di Ouvéa (19 indipendentisti uccisi), entro la fine del 2018 ci sarà un referendum per l’indipendenza.