La corsa più fredda della storia è finita. Il 26 dicembre Colin O’Brady, 33 anni, atleta dell’Oregon (Usa), ha completato per primo, sulla costa del Mare di Ross, la sua traversata solitaria dell’Antartide senza aiuti dall’esterno.

Ha viaggiato sci ai piedi per 1.770 chilometri, tra ghiacciai crepacciati e sastrugi, le terribili creste di neve ventata. Ha sciato trainando una slitta con la tenda, il sacco a pelo, il fornello e i viveri. Un fardello che alla partenza pesava 180 chili, e che poi si è via via alleggerito.

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Da una costa all’altra del Continente Bianco l’americano, ex- campione di triathlon, ha impiegato 53 giorni di fatica e di gelo. Il suo rivale Louis Rudd, 49 anni, capitano dell’esercito di Sua Maestà Britannica, dovrebbe arrivare tra oggi e domani.

«LA TRAVERSATA dell’Antartide è stata un’esperienza profonda, bella, emozionante. Ora aspetterò nella mia tenda l’arrivo di Louis», ha detto O’Brady nella sua prima intervista dopo l’arrivo attraverso un telefono satellitare. «Il mio progetto è dedicato a chiunque pensi che i suoi sogni siano impossibili. Fai il primo passo, rendilo possibile!» aveva scritto sul suo sito Colin O’Brady, citando Nelson Mandela, prima di incamminarsi sci ai piedi, il 3 novembre, sul Ronne Ice Shelf.


O’Brady non è stato il primo uomo ad attraversare l’Antartide passando per il Polo Sud. Tra il 1957 e il 1958, il neozelandese Edmund Hillary, primo salitore dell’Everest, e l’inglese Vivian Fuchs, avevano compiuto l’impresa con dei veicoli a motore.

Nell’estate australe ’89-90 l’altoatesino Reinhold Messner e il tedesco Arved Fuchs erano stati i primi a compiere il grande viaggio sci ai piedi, in 95 giorni. Erano stati aiutati da due rifornimenti fatti con un piccolo aereo, e avevano sostato per un giorno tra i ricercatori della base Usa del Polo Sud.

IL LORO RECORD È STATO battuto sette anni dopo, tra il 1996 e il 1997, dall’esploratore norvegese Børge Ousland, che ha traversato l’Antartide in poco più di due mesi senza rifornimenti dall’esterno. Quattro anni dopo, in 82 giorni, il norvegese si è ripetuto al Polo Nord, che ha traversato dalla Siberia al Canada.

Colin O’Brady non è nuovo a grandi imprese. Nel 2016, ha raggiunto il Polo Sud e il Polo Nord, e ha salito in soli 132 giorni le Seven Summits, le cime più alte dei sette continenti, un elenco che include l’Everest. Nelle scorse settimane, in Antartide, l’americano ha battuto il record di velocità di Ousland (53 giorni invece di 64), e ha usato uno stile che secondo lui è più puro. Ha infatti rinunciato a utilizzare come vela un paracadute. Un espediente già usato da Messner, Fuchs e Ousland, che permette di evitare un po’ di fatica ma che espone al rischio di seri infortuni alle gambe.

A RENDERE STRAORDINARIO questo viaggio, oltre alla velocità e alla scelta di rinunciare all’aiuto del vento, è stato lo scatto finale. La mattina di Natale, Colin ha deciso che negli ultimi 125 chilometri non si sarebbe più fermato. È partito, e dopo 32 ore non-stop è arrivato sulla costa.

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«Non so perché l’ho fatto, è stato come correre un’ultramaratona» ha raccontato O’Brady su Instagram. «Non ho ascoltato musica, non ho fatto ragionamenti particolari, ho camminato e basta».

Louis Rudd, rispetto a Colin O’Brady, ha alle spalle un’esperienza più concentrata sui Poli. Ufficiale dei Royal Marines e poi dell’esercito britannico, ha alle spalle varie esperienze in Antartide. La traversata, per lui, era dedicata al collega e amico Henry Worsely, morto nel 2016 dopo aver tentato la stessa impresa, che era collassato a 50 chilometri dal Mare di Ross. «La nostra non era una gara. Ci siamo conosciuti a Punta Arenas, in Cile, e abbiamo deciso di sfidarci – racconta ancora O’Brady – Nelle scorse settimane ci siamo intravisti un paio di volte, in lontananza. Nella prima settimana era davanti Louis, poi l’ho superato».

Quella tra Colin O’Brady e Louis Rudd non è la prima gara che si svolge in Antartide o ai Poli. Nel 1909, la corsa verso il Polo Nord degli statunitensi Robert Peary e Frederick Cook si è conclusa in maniera drammatica per tutti e due. Entrambi gli esploratori americani hanno rivendicato la vittoria, che è stata assegnata a Peary più per i suoi buoni rapporti con la National Geographic Society che per delle prove convincenti.

TRA IL 1911 E IL 1912, la gara verso il Polo Sud tra il team norvegese guidato da Roald Amundsen e quello britannico diretto da Robert Falcon Scott si e conclusa con la vittoria degli scandinavi. Al contrario degli inglesi, che hanno utilizzato dei pony, i norvegesi hanno scelto di muoversi velocemente sulla neve e sul ghiaccio dell’Antartide con gli sci.

Al ritorno, sfiniti e senza più combustibile e viveri, i cinque britannici (oltre a Scott c’erano Henry Bowers, Laurence Oates, Edgar Evans ed Edward Wilson) sono scivolati dal sonno alla morte nella loro tenda tra i ghiacci. «Per amor di Dio, abbiate cura delle nostre famiglie», scrisse Scott nel suo diario, ritrovato un anno dopo.

Oggi il Polo Nord è meta di «turisti», che lo raggiungono con piccoli aerei o dopo pochi giorni sul ghiaccio con sci o slitte.

L’Antartide, nonostante le molte basi scientifiche, resta invece il luogo più remoto e inospitale della Terra.

È possibile che la gara delle scorse settimane sia l’inizio di una nuova competizione, con traversate sempre più veloci.

Sorprende, nella comunicazione di O’Brady e di Rudd, non trovare alcuna traccia di Reinhold Messner e della sua straordinaria traversata di 28 anni fa. Anche al «re degli ottomila» capita di essere cancellato dalla storia.