Votare presto, sì, ma con quale legge? Crollata la riforma costituzionale, risplende l’incoscienza con la quale Renzi ha voluto – e il parlamento approvato – una legge elettorale in funzione dell’abolizione del senato elettivo, prima però di abolirlo. E prima togliere ai senatori la responsabilità della fiducia.
Renzi e con lui Napolitano, all’epoca presidente della Repubblica, non ascoltarono l’allarme dei giuristi (recuperare la collezione del manifesto), preoccupati che una legge elettorale monca potesse legare le mani al capo dello stato, che in queste condizioni non può sciogliere le camere – neanche dopo un risultato come quello del 4 dicembre. Perché al momento la situazione è questa: c’è una legge elettorale per la camera (l’Italicum), che prevede un premio di maggioranza talmente alto che potrà essere bocciato della Corte costituzionale; e c’è una legge elettorale per il senato (il cosiddetto Consultellum), che non prevede premi di maggioranza se non quelli limitati e impliciti nelle soglie di sbarramento (su base regionale, 20% per le coalizioni, 8% per i partiti non coalizzati, 3% per i partiti all’interno delle coalizioni).

Pur di portare a casa il primo Sì all’Italicum, nel marzo 2014 Renzi concesse questa «clausola di salvaguardia» a Berlusconi. E alla sua minoranza (l’emendamento che cancellò l’articolo 2 era di D’Attorre). Dai renziani «puri» fu vissuta come una mezza sconfitta, un rinvio del problema. Ed eccoci qui: oggi questo doppio regime – legge con un premio alto alla camera, legge senza premio al senato; legge con una sola soglia di sbarramento bassa alla camera, legge con diverse soglie anche alte al senato – è la prima causa di incostituzionalità dell’Italicum. Un premio alto, infatti, si giustifica solo per garantire la governabilità. Ma se il senato resta eletto con una legge diversa, che può produrre maggioranza diverse, e deve comunque garantire la fiducia al governo, il premio è irrazionale. C’è scritto nelle motivazioni della sentenza che ha abbattuto il Porcellum.
Adesso anche l’Italicum è diretto alla Consulta. E non per incanto, ma per la tenace iniziativa di un pool di avvocati coordinati da Felice Besostri, ai quali palazzo Chigi si è sempre opposto nei tribunali. La Corte non si è espressa prima del referendum per non interferire, dovrebbe adesso farlo a fine gennaio. Sono cinque i tribunali che hanno rimesso gli atti alla Corte costituzionale, giudicando non manifestamente infondati i dubbi di costituzionalità. Il primo in ordine di tempo è stato il tribunale di Messina, che ha sollevato dubbi proprio sul differente regime elettorale tra camera e senato. Il più recente è stato Trieste, nel mezzo Genova, Perugia e Torino. Tutti i tribunali hanno chiesto ai giudici delle leggi di esprimersi su due punti dell’Italicum: l’assenza di soglia per accedere al ballottaggio e le pluricandidature (fino a 10) dei capilista con l’elezione garantita. Genova ha sollevato dubbi anche sull’entità del premio al primo turno.

La Corte può cancellare questi aspetti: il ballottaggio, il premio di maggioranza al primo turno, le pluricandidature, avvicinando l’Italicum al Consultellum; ma resterebbe il problema delle soglie diverse. Oppure potrebbe accogliere uno dei motivi di Messina – ma c’è da scommettere che altri tribunali adesso si faranno sentire – cancellando del tutto la legge. Sarebbe la soluzione più logica, dal momento che Italicum e riforma costituzionale erano fatti l’uno per l’altra, e dovrebbero cadere insieme. È l’auspicio di Besostri, che ha provato anche a proporre un motivo di incostituzionalità radicale dell’Italicum, ricordando come sia stato approvato alla camera con la fiducia malgrado la Costituzione (articolo 72) lo escluda.
Nel frattempo però il Movimento 5 Stelle annuncia che proporrà l’estensione dell’Italicum al senato. Potrebbe essere il modo per paralizzare la Consulta, salvando ed estendendo così una legge che i grillini giudicano pessima (i parlamentari M5S, come quelli di Sinistra italiana, hanno firmato i ricorsi, cosa che i bersaniani non hanno fatto) ma che nel ballottaggio può garantire loro la vittoria. Il 5 stelle Toninelli assicura che «non faremo niente fino a che la Consulta non si sarà espressa. Poi con l’aggiunta di poche righe all’Italicum come ne verrà fuori, avremo un sistema buono per le due camere per votare il prima possibile».