Le rivelazioni dell’ex tesoriere del Partido popular Luis Bárcenas solcano lo scenario politico spagnolo come colpi di cannone che rischiano di affondare il governo, da mesi alla deriva nelle paludose acque dello scandalo di finanziamenti illegali conosciuto con il nome di caso Bárcenas. Un nome ormai riduttivo, perché il fango della corruzione, a cascata, ha ha già sommerso tutta la cupola del Pp ed è arrivato alla gola del presidente dell’esecutivo, il cui nome figura a più riprese nel libro della contabilità nera dell’ex cassiere che El País ha pubblicato in parte (in fotocopia) già lo scorso gennaio.
Da allora per i popolari è stato un calvario scandito dalle rivelazioni di Bárcenas, finito intanto in carcere e pronto a trascinare con sé gli ex compagni di partito che, dopo averlo appoggiato almeno fino a marzo, lo hanno scaricato presagendo le disastrose conseguenze delle relazioni pericolose che il cassiere intratteneva con tutti i dirigenti popolari.
Dalla cella madrilena in cui è rinchiuso da venti giorni, Bárcenas è implacabile: pochi giorni fa ha messo nella mani del direttore de el Mundo Pedro J. Ramirez gli originali della lista nera pubblicata dal Paìs, affossando così la teoria del complotto e della falsificazione su cui il Pp aveva puntato; ma la vera bomba è esplosa domenica scorsa, quando, sempre El Mundo, ha pubblicato alcuni sms scambiati tra Bárcenas e Rajoy (e consegnati al giornale dallo stesso tesoriere), che catapulterebbero il premier al centro dello scandalo e contraddirebbero la versione del Pp, secondo cui il partito avrebbe tagliato ogni tipo di relazione con il suo ex dipendente a partire dallo scorso gennaio.

[do action=”citazione”]El Mundo pubblica gli sms dell’ex tesoriere del Pp. E nuove rivelazioni potrebbero essere in arrivo. Il premier: «Non accettiamo ricatti»[/do]

Le rivelazioni sono potenzialmente distruttive ma il Pp nega e minimizza senza dare spiegazioni, insistendo su una linea che sta logorando l’immagine del partito e denota una disarmante mancanza di strategia da parte della dirigenza. Intanto, ieri mattina, Bárcenas è comparso davanti al titolare dell’inchiesta – il giudice Pablo Ruz – e il Pp è tornato a tremare: l’ex tesoriere ha confermato l’autenticità di tutte le carte pubblicate dalla stampa e, secondo fonti dell’inchiesta, starebbe apportando nuovi documenti e ulteriori stralci della contabilità nera che punterebbero dritto a Rajoy, alla numero due del Pp María Dolores de Cospedal e al suo predecessore alla tesoreria Alvaro Lapuerta, accusato da Bárcenas di essere la mente dietro trama di finanziamenti illeciti. Nel 2010, secondo le dichiarazioni di Bárcenas, Rajoy e Cospedal avrebbero intascato bustarelle per un totale di 25mila euro a testa, ma nei libri appaiono cifre ben più consistenti sia alla voce entrate sia alla voce uscite. Le donazioni arriverebbero a superare i 300.000, mentre il tetto stabilito per legge è di 60.000 e molte di esse verrebbero dal settore delle costruzioni. Tali reati non avrebbero conseguenze penali, ma in ambito giudiziario si dice che Bárcenas avrebbe in serbo nuove rivelazioni che avrebbero a che vedere con i finanziamenti elettorali e che potrebbero aggravare la posizione di Rajoy e compagni.
Si tratta insomma di un ricatto in piena regola mediante il quale Bárcenas sta cercando di divincolarsi da ruolo di capro espiatorio e dal carcere. Rajoy non ci sta: «Lo stato di diritto non si sottomette a ricatti» ha tuonato nel corso della conferenza stampa di ieri, rompendo un silenzio che durava da più di cinque mesi. Giusto. Ma gli uomini che le rappresentano sì, e questo è quello sta succedendo in Spagna, che pone in questione l’adeguatezza di Mariano Rajoy. Su questo tasto ha insistito il leader del Psoe Alfredo Pérez Rubalcaba, che ha definito il premier «inadatto a restare un minuto di più alla guida del governo» e, per la seconda volta in pochi mesi, ha chiesto le dimissioni del presidente: «Mi vedo obbligato ad esigere le dimissioni immediate» ha dichiarato sabato scorso con l’appoggio di tutti i partiti d’opposizione. Una richiesta che, ha aggiunto Rubalcaba, «rompe tutte le relazioni con il Pp» in periodo delicato per la Spagna».
I socialisti sono disposti a ricorrere anche alla mozione di sfiducia (formula finora pronunciata a denti stretti) pur di rovesciare Rajoy, anche se si accontenterebbero di un sostituto scelto tra le fila del Pp. Va oltre Izquierda unida che chiede, invece, elezioni anticipate e, con il Pp in caduta verticale nei consensi, fiuta il trionfo. Dalla conferenza stampa di ieri, Rajoy ha però smorzato gli entusiasmi della sinistra dichiarando che ha intenzione di terminare il mandato.