Villalago, paesino abruzzese alle porte del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise: moltissimi curiosi si accalcano sul ciglio della strada per osservare una mamma orsa e quattro cuccioli che salgono e scendono dagli alberi, tanto che il sindaco è intervenuto con un’ordinanza per limitare l’accesso ad alcune strade per non creare disturbo agli animali.

Trento, una delle città più ricche d’Italia: il Presidente della Provincia Maurizio Fugatti, forte dell’autonomia riconosciuta al suo ente, condanna a morte un’orsa che avrebbe aggredito padre e figlio sul Monte Peller. L’ordine di soppressione è stato impartito senza che le cause dell’accaduto siano state del tutto chiarite e con informazioni non sufficienti a motivare l’abbattimento, estrema misura di gestione prevista dal Pacobace (Piano d’Azione Conservazione Orso Bruno Alpi Centro-orientali) che però può essere adottata solo a determinate condizioni e, soprattutto, dopo aver espletato altre misure non cruente.

Salta subito agli occhi una differenza di approccio tra le due situazioni. Da un lato la volontà di gestire un fenomeno, dall’altra un mal interpretato decisionismo che porta ad adottare la soluzione che appare più comoda, ma che rappresenta il fallimento di chi abdica al proprio ruolo di gestore di un territorio che necessita di essere amministrato come spazio naturale.

Fare un paragone tra un Abruzzo amico e un Trentino nemico dell’Orso sarebbe troppo facile e anche sbagliato, perché la Provincia di Trento ha rappresentato un elemento fondamentale per il ritorno dell’Orso sulle Alpi italiane, portando avanti con successo un progetto ambizioso. Lo ha fatto negli anni passati, quando era più aperta al confronto e non si era arroccata in un miope localismo (per la verità iniziato ben prima della gestione leghista).

Ma sarebbe sbagliato anche perché, se si escludono il Presidente della Provincia e la sua maggioranza, non sembrano essere molte le persone che in Trentino vogliono abbattere l’orsa. Sono contrarie le due vittime dell’incidente, nonostante siano cacciatori. Sono contrari al 99% coloro che hanno partecipato al sondaggio di una testata on line locale (vitatrentina.it). E siamo sicuri che è contrario Alessandro, il ragazzino di 12 anni che a fine maggio, sempre in Trentino, ha incontrato un orso durante una passeggiata e che, comportandosi in modo encomiabile, si è allontanato con calma vivendo così un’esperienza indimenticabile o, come ha esclamato lui nel video che lo ha reso famoso, una «figata!».

E nel resto d’Italia, se è possibile, le posizioni appaiono ancora più nette. Dichiarazioni contrarie sono arrivate praticamente da tutti, dal Ministro dell’Ambiente Sergio Costa (ma da lui ci si aspetta di più!) fino ad Alessandro Gassman, interprete del sentimento di tanti italiani: oltre 100.000 in pochi giorni hanno firmato la petizione on line lanciata dal Wwf Italia contro l’abbattimento dell’orsa.

Non parla di «buoni e cattivi» neppure Filomena Ricci, delegata regionale del Wwf Abruzzo, in passato direttrice della Riserva regionale Gole del Sagittario dove l’Orso marsicano è una presenza costante: «Anche in Abruzzo abbiamo i nostri problemi, ma credo che qui, grazie ad una maggiore abitudine alla presenza di grandi carnivori e al lavoro svolto dal Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, si è consolidato un modello di gestione in cui i problemi sono determinati da comportamenti illegali di singoli, piuttosto che da scelte politiche».

Il segreto è tutto qui: lavorare per creare le condizioni affinché i 50/60 orsi marsicani sull’Appennino centrale e gli 80 orsi sulle Alpi possano continuare a vivere in tranquillità, in un territorio di cui l’uomo non può continuare a sentirsi l’unico padrone.