Se scoprissimo, numeri alla mano, che il buco delle pensioni non è una voragine? Se spendessimo i 100 mila miliardi delle grandi opere per sprecare meno acqua e ridurre le emissioni inquinanti? Se per combattere la povertà scegliessimo strumenti di integrazione del reddito adeguati? (…) La proposta di legge finanziaria approvata dal Consiglio dei ministri [del governo Berlusconi] il 28 settembre 2001 (…) disegna uno scenario nuovo per l’Italia. Pur in presenza di una qualche continuità con il recente passato [il governo D’Alema] – le privatizzazioni, la revisione delle aliquote Irpef, gli sgravi alle imprese e l’attacco alla tassa di successione – (…) la strategia è la seguente: togliere spazio alla funzione redistributiva dello stato (tassa di successione); elargire privilegi ai grandi gruppi industriali (grandi opere, privatizzazioni, diritto societario); concedere piccoli favori all’elettorato medio (pensioni minime, detrazioni figli a carico, tutte misure più simili alla beneficienza che a un welfare moderno). L’obiettivo di lungo termine sembra chiaro: coprire l’elettorato medio di false attenzioni mentre si danno crescenti benefici alle fasce più ricche della popolazione; quando si arriverà al punto che la tassazione peserà soprattutto sui ceti medi allora saranno proprio questi, a cui non è facile proporre ora tagli alla spesa sociale, a chiedere che l’apparato pubblico (“così pesante e inefficiente”, sembra già di sentir dire) sia ridotto ai minimi termini. (Sbilanciamoci! Rapporto 2002. Come usare la spesa pubblica per la società, l’ambiente, la pace, Manifestolibri, 2001, pp.11,32)