È la vera sorpresa della compagine di governo. Nunzia Catalfo è la nuova ministra del Lavoro. Il suo nome è uscito dal cappello a cilindro di Giuseppe Conte. Ma è figlio dell’ennesima impuntatura di Luigi Di Maio. Nello schema previsto fino a ieri mattina il dicastero di via Veneto era in quota Pd. Ma il «capo politico» dei 5S ha imposto che Lavoro e Mise continuassero la sua – assai modesta – opera. Dunque serviva un esponente del Movimento. E chi meglio di Nunzia Catalfo, presidente della commissione Lavoro al Senato e – soprattutto – firmataria del progetto di legge sul salario minimo che lei ha fissato a 9 euro lordi l’ora: il vero obiettivo programmatico di Di Maio.

In verità il testo a sua prima firma è già stato modificato. Ma Catalfo è certamente la persona più adatta per portarlo avanti. Negli incontri tecnici con i sindacati di questi mesi era presente lei, non Di Maio. E di passi avanti ne sono stati fatti. Pare essere passata la linea di Cgil, Cisl e Uil: il salario minimo orario deve essere collegato con i minimi salariali dei contratti nazionali, applicati erga omnes a tutti i lavoratori, a prescindere della tipologia contrattuale. Sarà comunque questa una delle partite più decisive del nuovo governo: il M5S accetterà la mediazione? Il Pd sarà d’accordo o ascolterà le sirene di Confindustria, contraria alla norma? Catanese, classe 1967, attivista 5S fin dal 2008, la carriera politica di Catalfo è figlia di un’altra prima firma: quella del 2013 sul progetto di legge – dall’opposizione però – del Reddito di cittadinanza.

Lo Sviluppo sembrava assegnato alla dem Paola De Micheli. Il diktat di Di Maio ci porta però Stefano Patuanelli, capogruppo 5S in Senato e grande tessitore del programma «giallorosso», destinato inizialmente alle Infrastrutture grazie alla laurea in ingegneria. Le grane – lasciate da Di Maio – per lui non mancheranno. A partire da Whirlpool (che vuole lasciare Napoli) per passare all’Ilva (il decreto che reintroduce l’immunità penale per Mittal) all’Alitalia (con Delta che vuole imporre le sue condizioni o lascerà) fino a tutto il settore auto alle prese con una Fca in panne e con lo scorporo in Cnh. Patuanelli, 45 anni, è nato a Trieste dove è stato anche consigliere comunale.

Al ministero del Lavoro era candidato Giuseppe Provenzano. Quarantenne economista, nominato da Zingaretti responsabile lavoro Pd dopo aver rifiutato la candidatura nel 2018 in polemica con Renzi che scelse come capolista Daniela Cardinale, figlia dell’ex ministro centrista. Le sue posizioni critiche sul Jobs act ne hanno bloccato la nomina da parte dei renziani: è stato dirottato al ministero per il Meridione. L’argomento lo conosce bene – è ancora vicepresidente dello Svimez – e certamente potrà fare bene, applicando il programma del think tank guidato da Gianolla in prima fila contro l’autonomia differenziata. Il suo ultimo libro si intitola La sinistra e la scintilla. Vedremo se riuscirà ad accendere il fuoco.