Ancora più triste è la conta dei morti, perché il dolore non potrà mai essere all’altezza della massa di cadaveri che sta venendo a galla a Lampedusa. Né quello sincero, né quello ufficialmente esibito. Sono già 232, presto saranno molti di più. Sull’isola continuano ad arrivare bare vuote da riempire. “L’immagine che non riesco a togliere dalla mente sono quei corpi ammassati a grappolo nel relitto, quasi tutti con gli occhi sbarrati e le braccia protese, come a volere chiedere aiuto”, ha detto un sub cui è toccato in sorte di vedere da vicino l’orrore che solo adesso scuote le coscienze.

Ormai tutti, tranne gli imbecilli di professione, si mettono una mano sul cuore, almeno a parole, di fronte al massacro. E anche se nessuno si sente direttamente chiamato in causa dalle parole del papa – “vergogna” – sembra che anche la politica abbia deciso di interrogarsi sul che fare per evitare che altri morti ammazzati facciano vergognare l’Europa , e in particolare la classe politica che ha governato l’Italia negli ultimi venti anni. I migranti muoiono da decenni, continua ad urlare il sindaco Giusi Nicolini, e infatti poteva accadere ancora ieri, con un’altra strage: all’alba, a Pozzallo, vicino a Ragusa, sono sbarcati 29 cittadini siriani a bordo di una nave francese e poco dopo altri 171 migranti provenienti dall’Africa. Vivi, ma per miracolo. Questi sono i fatti, e solo adesso le autorità tutte vengono a vedere Lampedusa, a rincuorare i lampedusani e ad accarezzare i superstiti che sono ancora accovacciati per terra sotto i riflettori, prigionieri con l’incredibile accusa di “immigrazione clandestina”.

Sul piano politico adesso il nodo è l’abrogazione della legge razzista Bossi-Fini e il punto – nonostante i buoni propositi della ministra Cecile Kyenge – è lo stesso di sempre: l’inadeguatezza del centrosinistra che difficilmente darà battaglia per sostenere questo elementare principio di civiltà, non solo giuridica. Il presidente Giorgio Napolitano, che insieme a Livia Turco ha dato il nome alla legge che ha istituito i centri di detenzione per “clandestini”, ha detto che l’Italia è al centro “di una vera e propria ondata di profughi che non sono migranti, illegali o illegali”. Sembra un passo avanti, non si sa se deciso, perché il capo dello Stato ha detto chiaramente che bisogna risolvere il “nodo dell’asilo politico”.

Domani, finalmente, l’Europa sbarca a Lampedusa. Ci saranno Cecilia Malmstrom, insieme al ministro Angelino Alfano (che mai accetterà di rivedere la Bossi-Fini), e anche il presidente dell’Unione europea José Manuel Barroso: “Voglio vedere con i miei occhi per capire cosa possiamo fare per risolvere questa situazione”. Più decise le dichiarazioni che il presidente del parlamento europeo, Martin Schultz, ha rilasciato al quotidiano Bild: “E’ una vergogna il fatto che l’Ue abbia lasciato l’Italia così tanto tempo da sola ad affrontare il flusso dei profughi dall’Africa”.

Il programma politico più lucido quasi sempre viene espresso dagli uomini di chiesa (ieri sull’isola c’era anche Konrad Krajewski, elemosiniere della Santa Sede ed inviato del papa). “La tragedia di questi giorni – ha detto Valerio Leandri, direttore della Caritas diocesiana di Agrigento – ci impone di fermarci a riflettere su possibili percorsi futuri diversi da quelli attuali, che mettano al centro la sicurezza dei migranti che hanno il diritto di essere accolti sulla base delle Convenzioni internazionali che il nostro paese ha sottoscritto e ratificato. Speriamo di non dover assistere mai più a tragedie come quest’ultima e che le istituzioni, con il supporto delle organizzazioni del terzo settore, possano lavorare insieme per un sistema di accoglienza che garantisca dignità e rispetto dei diritti umani». Pur senza nominare la legge Bossi-Fini, è stato ancora più esplicito il cardinale di Milano Angelo Scola: “Chiediamo alle autorità italiane ed europee di collaborare con solerte decisione alla ricerca e all’attuazione di nuove ed equilibrate politiche per l’immigrazione. Le immagini viste in questi giorni hanno riempito il cuore di sconcerto. Il nostro pianto si fa preghiera. Nessuno può chiamarsi fuori dalla tragedia di Lampedusa”. Dovrebbero essere parole sante per i due “ragazzi prodigio” che se la intendono al vertice delle larghe intese.