È solo una sentenza provvisoria e dovrà essere confermata dal verdetto definitivo, ma il Tribunale costituzionale di Karlsruhe, di fatto, ieri ha sbloccato il Recovery Fund per la Germania disinnescando il rischio di bloccare i finanziamenti anche per gli altri Stati Ue. Il presidente della Repubblica, Frank Walter Steinmeier, potrà quindi ratificare il piano già approvato al Bundestag e al Bundesrat a marzo, entro la fine di questo mese.

Sotto il profilo strettamente giuridico i giudici hanno parzialmente bocciato il ricorso contro il «Next Generation» di Berndt Lucke, ex leader di Afd prima di abbandonare il partito. Secondo la Corte è «improbabile che siano state violate le prerogative di bilancio del Bundestag» perciò «l’autorizzazione alla Commissione Ue di finanziarsi fino a 750 miliardi di euro non provoca rischi diretti per la Germania».

Musica per la presidente Ursula von der Leyen: può finalmente cominciare a raccogliere il denaro sul “mercato” per poi girarlo ai singoli Paesi come prestiti o contributi a fondo perduto: «Accolgo con favore la decisione. Dopo una pandemia senza precedenti l’Ue è di nuovo sulla via della ripresa. Il Next Generation aprirà la strada a un’Unione più verde, digitale e resiliente» è il suo sintomatico tweet.

Tuttavia, tra le righe del dispositivo il Tribunale di Karlsruhe specifica anche che il ricorso di Lucke «non è palesemente infondato». In più i togati non hanno sciolto del tutto il nodo dei «mezzi propri» che permetterà all’Ue di autofinanziarsi con gli Eurobond. «Sarebbe inammissibile creare strumenti permanenti che provocassero un’assunzione di rischio per le decisioni assunte da altri Paesi, in particolare nel caso di conseguenze imprevedibili. Ogni volta che la Germania deciderà misure di solidarietà internazionali riguardanti la spesa pubblica sarà necessaria l’approvazione del Parlamento per ogni singolo caso» si legge nella sentenza. Secondo l’Alta corte, dunque, «non sono da escludersi eventuali profili incostituzionali», ovvero va preservata la prerogativa del Bundestag di decidere come utilizzare i fondi e la funzione di controllo del Bundesrat.

Al di là della giurisprudenza, però, il verdetto conferma la limitata autonomia decisionale del governo tedesco in ambito Ue. Basta il ricorso di un singolo cittadino alla Corte suprema per bloccare a tempo indefinito programmi già approvati.
Sempre Lucke, la scorsa primavera, si era opposto anche al Quantitative Easing della Bce ottenendo che i giudici federali stabilissero che «l’esecutivo centrale e il Parlamento devono di attivarsi contro il programma di acquisto di titoli nella sua forma attuale» e costringendo l’Eurotower a chiarire entro 90 giorni gli obiettivi del suo piano. Anche allora si era sfiorata la crisi europea, sempre per lo stesso motivo.

Nel ricorso contro il Recovery Fund, Lucke ha sostenuto che alcuni Paesi Ue non fornissero sufficienti garanzie sulla capacità di ripagare il debito, che quindi sarebbe finito a carico degli Stati creditori. Una vera e propria ossessione per i sovranisti euroscettici.