]Delle quattro questioni di costituzionalità sollevate a marzo dalla Cassazione sulla legge elettorale in vigore – l’inesistenza di una soglia minima di accesso al premio di maggioranza, alla camera e al senato, e le liste bloccate, alla camera e al senato – i quindici giudici costituzionali non hanno ancora ufficialmente cominciato a discutere. Lo faranno oggi, in camera di consiglio, a partire dalle 9.30. Sarebbero orientati a decidere per l’ammissibilità delle questioni, ma potrebbero lasciarsi oltre un mese di tempo per arrivare a una soluzione e a una sentenza. Ci sono le ferie invernali e la prossima camera di consiglio è convocata per il 14 gennaio. Nel frattempo il parlamento dovrebbe riuscire a battere un colpo. Se non il senato, la camera: ieri il presidente di palazzo Madama Pietro Grasso ha detto chiaro e tondo che trasferire l’argomento ai deputati non sarebbe vissuto come uno scippo. Ma come atto dovuto di fronte all’inerzia dei senatori.

La relazione che il giudice costituzionale Tesauro ha tenuto ieri mattina in apertura dell’udienza pubblica dedicata alla legge elettorale ha messo di buon umore i ricorrenti. Perché non lascia prevedere un rigetto dei quesiti, come pure suggeriscono alcuni giuristi e la giurisprudenza prevalente della Consulta – in quanto il ricorso sulla legge elettorale assomiglia a un ricorso diretto da parte dei cittadini (che l’ordinamento italiano non prevede). Per sostenere l’irragionevolezza del Porcellum, agli avvocati dei ricorrenti è bastato ricordare l’esito delle ultime elezioni: il primo partito (il Pd con il 29,5%) ha preso 340 seggi alla camera (il 54%) grazie all’abnorme premio di maggioranza, il secondo partito (il M5S) ha raccolto appena lo 0,5% in meno dei voti ma ha ricevuto in cambio solo un terzo dei seggi. «Ci rendiamo conto della valenza politica» del giudizio cui siete chiamati, hanno spiegato gli avvocati Bozzi, Besostri e Tani rivolti ai giudici della Consulta, ma la Costituzione viene prima di tutto. E cancellare il premio di maggioranza non lascerebbe alcun vuoto normativo, semplicemente la legge elettorale si trasformerebbe in un proporzionale puro. È questa l’ipotesi prevalente. Più difficile che la Consulta accolga anche le richieste sul voto di preferenza, assai più difficile che si spinga fino a far tornare in vita il precedente sistema, il Mattarellum (da Sergio Mattarella, ex ministro delle riforme e oggi giudice costituzionale).

«La Corte costituzionale ci ha dato qualche settimana in più – ha detto ieri pomeriggio il presidente del senato Grasso, evidentemente sicuro sull’esito della camera di consiglio di oggi – spero che presto si possa trovare un’ampia condivisione in senato, dove la mediazione è più complessa. Ma – ha aggiunto – se lo stallo dovesse continuare non esiterò a sostenere il trasferimento alla camera». Un’esito suggerito da tempo dal deputato del Pd Giachetti, in sciopero della fame da 59 giorni, e in generale dalle truppe renziane. Contrastato però dal centrodestra di opposizione (Fi) e di governo (Ncd), che solo al senato ha i numeri per bloccare doppi turni e uninominali. Non a caso i senatori di Alfano hanno immediatamente protestato con Grasso, accusandolo di voler destabilizzare il governo e aiutare Renzi. Il quale sindaco di Firenze ha dato al parlamento un tempo non brevissimo: vuole un voto in prima lettura sulla legge elettorale entro le elezioni europee. Cioè entro fine maggio 2014.